
di Sara Petrino e Francesco Cervoni
Si trova nel Comune di Sant’Angelo Romano, precisamente in località La Selva, in Provincia di Roma: una
“voragine”, o per meglio dire un sinkhole allagato. Di cosa si tratta? Parliamo del Pozzo del Merro,
un’incredibile dolina di crollo unica al mondo, che riserva sorprese al suo interno.
Continua a leggere l’articolo per saperne di più!
Il misterioso fenomeno naturale del “sinkhole“
Si tratta di un fenomeno ancora poco conosciuto rispetto ad altri fenomeni naturali come le frane e le
alluvioni. Infatti la conoscenza dettagliata sui fenomeni di sprofondamento è lontana dall’essere esaustiva,
sussistono problematiche come la mancanza di una nomenclatura standardizzata e di una classificazione
univoca dei fenomeni, oltre che lo studio dei meccanismi di innesco, propagazione ed evoluzione.
Negli ultimi vent’anni comunque, i sinkhole (in italiano sono presenti vari termini che indicano strutture
diverse, ad es. dolina di crollo) sono stati studiati meglio: si tratta di sprofondamenti naturali del suolo
(alcune volte possono essere antropogenici), vere e proprie voragini che si creano.
I sinkhole erano conosciuti già in epoca romana e medioevale. Ma è solo a partire dal 2002, col Progetto
Sinkhole dell’ISPRA, abbiamo un primo tentativo di censimento dei fenomeni naturali di sprofondamento.
Le aree in cui questi fenomeni si sviluppano, e dunque “fortemente a rischio di sprofondamento”, vengono definite “sinkhole prone areas”. Principalmente le troviamo sul medio versante tirrenico; Lazio, Abruzzo, Campania e Toscana sono le regioni a più alta pericolosità.
Pensate che la Piana delle Acque Albule (nei territori di Tivoli e Guidonia Montecelio) è una delle quattro
zone individuate dalla Regione Lazio come “aree a rischio sinkhole”.
In alcuni casi i sinkhole rappresentano delle mete turistiche: è questo l’esempio dei celebri cenotes presenti nella penisola dello Yucatan in Messico. Fra questi ricordiamo Zacatón, al quale il Pozzo del Merro tolse il record di sinkhole allagato più profondo.
Perché si sviluppano i sinkhole?
I processi che originano questi sinkhole sono riconducibili alla gravità e/o al carsismo, ma entrano in gioco una serie di cause predisponenti ed innescanti. Sicuramente il processo più diffuso è quello del carsismo, il termine prende origine dalla regione del Carso (estesa tra l’Italia nord-orientale, la Croazia e la Slovenia), che è stata teatro della Prima Guerra Mondiale, tristemente nota per la presenza delle cosiddette foibe, che altro non sono che inghiottitoi carsici, per l’appunto.
Il fenomeno del carsismo indica l’azione chimica modellatrice esercitata dall’acqua su rocce solubili (in
particolare carbonatiche). Si alterna in due fasi: quella di dissoluzione e quella di precipitazione.
L’azione solvente delle acque meteoriche sui calcari agisce sia in superficie, dando origine a forme epigee,
cioè superficiali, sia in profondità, originando quelle ipogee, cioè sotterranee.
Tra le forme epigee (distinte in base alle dimensioni) possiamo citare le più piccole: karren (anche detti
campi solcati), fori carsici, vaschette di corrosione, e le più grandi: doline e piani carsici (o polje), questi
ultimi sono depressioni di dimensioni chilometriche spesso costellate di doline e inghiottitoi che convogliano le acque superficiali verso l’interno (un esempio di piano carsico sul nostro territorio è il Pratone di Monte Gennaro). Le forme ipogee sono caratterizzate invece dalle grotte.
I sinkhole sono spesso colmati da acque.
Il pozzo del Merro a Sant’Angelo Romano
Sant’Angelo Romano è un comune situato a nord-est di Roma. Posizionato sui Monti Cornicolani, piccoli rilievi carbonatici la cui cima più alta è Poggio Cesi (413 m s.l.m.), a seguire Monte Patulo (400 m,
dove sorge S. Angelo Romano), Montecelio (389 m) e poi altri rilievi minori (Colle Carcibove, Colle
Grosso, ecc.).
Il Pozzo del Merro non è l’unica dolina presente sui Cornicolani. Solamente in prossimità della suddetta si
osservano: il Pozzo Sventatore, la Buca di San Francesco (nota a Sant’Angelo anche come Merro Secco)
e la Dolina delle Carceri. In prossimità del Bosco di Nardi si trovano le doline soprannominate “I Fossi”.
Per Poggio Cesi si citano la Dolina di Fossavota e lo Sventatoio di Poggio Cesi. Non mancano poi le
grotte, come quella presente all’interno del Bosco di Nardi (non a caso è localmente noto come bosco di
Grotte Cerqueta), la Grotta delle Aragoniti a Poggio Cesi, e la Grotta dell’Elefante a Guidonia (in
località Casacalda).
Ma fra tutte queste ovviamente il Pozzo del Merro è il fiore all’occhiello.
Il significato del termine mèrro o mèro, rimasto ancora in uso in alcune parti del Lazio e dell’Abruzzo,
sarebbe proprio “voragine” o “profonda dolina”.
È situato nell’area protetta Riserva Naturale Macchia di Gattaceca e Macchia del Barco, gestita dalla Città Metropolitana di Roma Capitale. L’accesso alla cavità è vietato da un’ordinanza del sindaco di Sant’Angelo Romano per motivi di sicurezza, a causa dell’elevato rischio di crollo delle rocce e per la fragilità del suo ecosistema.
Il motivo per cui il Pozzo del Merro è un unicum lo si deve a diverse sue particolarità, la prima sono i
record che ha battuto e che detiene (vedi sotto in “Storia dell’esplorazione”).
Per queste ragioni il Pozzo del Merro è classificato come Geosito di reperimento n. 391 della Regione
Lazio, e rientra tra i siti della memoria geologica del Lazio collegati al database nazionale dei Geositi in
quanto luogo significativo per il progresso delle scienze geologiche e dello studio del territorio.
La dolina si apre sul piano campagna a 140 m s.l.m., con un perimetro subcircolare di circa 150 m di
diametro. Si approfondisce con aspetto imbutiforme per circa 70 metri nella parte emersa, e presenta
vegetazione tipica della macchia mediterranea, costituita prevalentemente da leccio (Quercus ilex), acero campestre (Acer campestre), carpino orientale (Carpinus orientalis), orniello (Fraxinus ornus), viburno (Viburnum tinus), ilatro (Phillyrea latifolia) e storace (Styrax officinalis), di quest’ultima pianta,
dall’interessante aspetto fitogeografico, parleremo in un articolo a parte. Sui 70 m s.l.m. si trova un laghetto.
Attorno a questo abbondano specie vegetali nitrofile e igrofile quali: fico (Ficus carica), sambuco
(Sambucus nigra), ortica (Urtica dioica), carice maggiore (Carex pendula), erba grassa (Veronica
beccabunga) e scrofularia acquatica (Scrophularia auriculata). Lo specchio d’acqua era popolato in
principio esclusivamente dall’autoctona lenticchia d’acqua (Lemna minor), fortunatamente ancora presente.
Ma dal 2003 questa era stata quasi completamente soppiantata dall’erba pesce gigante (Salvinia molesta), una specie esotica invasiva di origine brasiliana, per fortuna completamente eradicata nel 2009 dalla Provincia di Roma. Anche sulla storia di questa pianta nel Pozzo, davvero molto singolare, ne parleremo in un articolo a parte. Tolta Salvinia è rimasta però un’altra specie invasiva, ossia Lemna minuta, di origine nordamericana.
Per quanto riguarda la fauna numerose sono le specie di uccelli che frequentano la cavità e alcune che vi
nidificano. Nel 2017 è stato fatto uno studio sulla frequentazione e la nidificazione degli uccelli nella cavità, suddividendo verticalmente la dolina in quattro fasce, quella superiore, ossia quella che comprende anche l’orlo della dolina stessa, è risultata essere quella più ricca di specie.
Ma di certo le soprese più grandi arrivano al di sotto dello specchio lacustre, infatti fra gli anfibi ci sono il
tritone punteggiato (Lissotriton vulgaris) e il tritone crestato (Triturus carnifex).
Ma la cosa più interessante riguardante la fauna è che in questo pozzo è stata scoperta una specie animale endemica (ossia unica al mondo), stiamo parlando di Niphargus cornicolanus, un crostaceo anfipode che vive nelle acque sotterranee. Quest’animaletto merita uno spazio tutto suo in questo magazine, intanto vi invitiamo a guardare questo video divulgativo che ne parla: https://www.youtube.com/watch?v=sbyB_oslhgk

Storia dell’esplorazione
Menzioni di questo sito si riscontrano anche in testi di fine Ottocento, fra questi possiamo annoverare la Guida della Provincia di Roma di Enrico Abbate, datata 1890, edita dal CAI.
Le prime dettagliate descrizioni del sinkhole sono da attribuire ad Aldo Giacomo Segre, sulla base di
esplorazioni condotte nei primi anni ‘40.
Negli anni ‘70 l’Azienda Comunale Elettricità e Acque di Roma (ACEA), realizzò alcune strutture per la
captazione dell’acqua a fini potabili. Tuttavia, man mano che l’acqua veniva pompata, la sua composizione cambiava in misura via via maggiore, divenendo sempre più ricca di zolfo. Per tal ragione il progetto fu abbandonato già nel 1978, ma i segni di quell’intervento (una rotaia metallica [utilizzata anche per la discesca dei ROV più avanti nel tempo], tubazioni, un edificio in cemento armato adiacente alla dolina) sono tuttora ben visibili.
Le esplorazioni subacquee che ne hanno misurato la profondità sono più recenti: alla fine degli anni ‘90 e
nei primi anni 2000, condotte dal Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università La Sapienza di Roma e dell’Università di Roma Tre, assieme alla Provincia di Roma e al Nucleo Sommozzatori dei Vigili del Fuoco (che misero a disposizione i loro robot subacquei ROV). Gli studi e le immersioni sono stati svolti
dall’idrogeologo Giorgio Caramanna, nel corso della sua tesi di laurea, e dallo speleosub Riccardo
Malatesta. Durante questa fase esplorativa venne realizzato un interessante documentario, da parte del
regista Pippo Cappellano per Geo&Geo, dal titolo “Acqua e Fuoco”, reperibile in due parti su YouTube:
https://www.youtube.com/watch?v=ReiDprFhVt8; https://www.youtube.com/watch?v=CEJ9k7YYUkE.
Nel marzo del 2002 il ROV “Prometeo” arrivò fino a 392 metri di profondità senza riuscire ad individuare
il fondo! Questo rese il Pozzo del Merro il sinkhole allagato più profondo al mondo (la cavità nel
complesso raggiunge una profondità di 462 m, compresa la parte subaerea che misura 70 m), fino al 2016
quando in Repubblica Ceca è stata esplorata un’altra cavità, nota come Abisso di Hranice, fino alla
profondità di -404 metri, anche lì senza riuscire a toccare il fondo.
Il 12 maggio 2007, Stefano Makula, apneista italiano, all’età di 52 anni batté il primo record mondiale di
apnea in una cavità carsica proprio nel Pozzo del Merro, toccando i 48 metri di profondità al termine di
una serie di immersioni. Queste discese permisero ad un team di fisiologi, patologi, neurologi, psicologi e
medici iperbarici di raccogliere campioni di sangue e di saliva molto particolari, sia di Makula che di alcuni
sommozzatori impegnati nel progetto.
La falda comunicante: tra i Cornicolani e la Piana delle Acque Albule
Negli ultimi anni si è osservata una netta diminuzione del livello dell’acqua, analogamente a quanto accade con altri specchi d’acqua locali come i laghetti solfurei delle Acque Albule (Lago della Regina e Lago delle Colonnelle) e il Lago di San Giovanni (altro sinkhole a Guidonia). Il fatto è verosimilmente legato a problemi di eccessivo emungimento della falda basale e, secondariamente, ad una generale riduzione delle precipitazioni nell’areale di ricarica. È probabile che la falda emergente nel Pozzo del Merro possa essere in continuità idraulica con quella afferente della limitrofa Piana delle Acque Albule (Guidonia Montecelio-Tivoli).
Pozzo del Merro: prospettive future
Nel corso degli anni diverse associazioni locali e studiosi hanno proposto di realizzare un Museo
Naturalistico del Carsismo e dell’Acqua nell’edificio abbandonato dell’ACEA, presente proprio a ridosso
del Pozzo del Merro (in seguito occupato abusivamente). Ma la proposta è stata sempre rigettata dagli Enti locali.
La proposta prevedeva, oltre alla creazione del museo, l’effettuazione di visite guidate volte proprio alla
valorizzazione del sito, logicamente svolte, nel rispetto dell’ambiente, in determinati periodi dell’anno onde evitare disturbo all’avifauna nidificante.
Ma la cosa più auspicabile è il proseguimento delle ricerche scientifiche nel pozzo, sia nella parte emersa
ma soprattutto in quella sommersa, grazie allo sviluppo tecnologico dei sistemi di esplorazione subacquea robotica oggi disponibili, che sarebbero in grado di continuare agevolmente l’esplorazione della parte più profonda rispetto a quanto realizzato vent’anni fa. Inoltre mediante l’uso di appositi sonar sarebbe possibile realizzare una mappatura acustica tridimensionale della voragine. Attualmente non è possibile svolgere ricerche nella cavità per motivi di sicurezza. Sarebbe auspicabile un ritorno alle esplorazioni del Pozzo, che magari potrebbero portare a ripristinare il record che gli è stato tolto nel 2016.
Si procede intanto con studi in aree limitrofe al Merro; recentemente è stato campionato, dall’Associazione Naturalistica Valle dell’Aniene e da alcuni speleologi, Niphargus cornicolanus nella Grotta dell’Elefante a Guidonia. La presenza di questa specie è indizio attendibile di un collegamento idraulico diretto; le due strutture si trovano ad oltre sei chilometri di distanza l’una dall’altra, questo lascia ipotizzare un’estensione del reticolo ipogeo di notevoli dimensioni, che condizionerebbe fortemente le dinamiche della circolazione della falda basale dell’area.
Si ringrazia il Prof. Marco Giardini per la revisione del testo.
Ecco un video del Pozzo del Merro realizzato col drone, il secondo sinkhole allagato più profondo del
mondo:
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Fonti bibliografiche:
Battisti C., Giardini M., Marini F., Di Rocco L., Dodaro G., Vignoli L., 2017. Diversity metrics,
species turnovers and nestedness of bird assemblages in a deep karst sinkhole. Israel Journal of
Ecology and Evolution, 63(2): 8-16.
Caramanna G., Argentieri A., Buonfiglio V., 2022. Il sinkhole allagato del “Pozzo del Merro”: 20
anni di esplorazione e studio. The “Pozzo del Merro” drowned sinkhole: 20 years of exploration and
study. Acque Sotterranee – Italian Journal of Groundwater, 11(4): 73-78.
Ciotoli G., Di Loreto E., Liperi L., Meloni F., Nisio S., Sericola, A., 2015. Carta dei Sinkhole
Naturali del Lazio 2012 e sviluppo futuro del Progetto Sinkholes Regione Lazio. Mem. Descr. Carta
Geol. D’It, 99: 189-202.
Giardini M. (a cura di), 2012. Sant’Angelo Romano (Monti Cornicolani, Roma). Un territorio ricco
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Giardini M., Caramanna G., Calamita U., 2001. L’imponente sinkhole del Pozzo del Merro (Monti
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Nisio S. (a cura di), 2008. I fenomeni naturali di sinkhole nelle aree di pianura italiane / Natural
sinkhole phenomena in the Italian plain areas. Memorie descrittive della Carta Geologica d’Italia,
vol. LXXXV. 482 pp.
Vi invitiamo a consultare anche questo link per scaricare vari pdf:
http://www.completamente.org/pubblicazioni/
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