Mentana com’era: i favolosi anni ’60

Casella di testo

Il territorio di Mentana, un tempo feudo della Casa Borghese, era stato diviso fra i mentanesi bisognosi, dopo la prima guerra mondiale. Coloro che beneficiarono di questa donazione dapprima ne furono entusiasti, ma poi sia per le difficoltà dovute alla distanza dal centro abitato, sia per il fatto che non tutti erano realmente bisognosi, i Mentanesi si convinsero ben presto a vendere del tutto o in parte i terreni ottenuti. Questi vennero acquistati prevalentemente da Abruzzesi delle provincie de L’Aquila e di Teramo e da Marchigiani dell’Ascolano che vi si stabilirono con la loro famiglia. Dopo il 1930 in poi Tor Lupara cominciò a svilupparsi come borgata. Per le stesse ragioni, anche il territorio di Santa Lucia si produssero gli stessi effetti e nei primi anni ’50 nelle due frazioni continuava a vetrificarsi un costante aumento di popolazione determinato anche dall’afflusso di molti operai che pur domiciliati a Roma preferivano dimorare a Tor Lupara o a Santa Lucia per difficoltà di alloggio nella Capitale o per varie altre ragioni, soprattutto di indole economica. Sono gli anni della crescita che vedono la trasformazione del territorio, fino ad allora caratterizzato da un’economia in prevalenza agricola, a realtà sempre più dipendente economicamente e culturalmente dalla vicina Capitale. Negli anni sessanta i residenti crescevano in maniera esponenziale, specialmente a Tor Lupara e Santa Lucia. Le due frazioni che oggi formano Fonte Nuova, erano quelle “rosse” e hanno sempre determinato l’elezione del sindaco PCI che dal 1952 fino agli anni ’70 fu Demetrio Pasqui. Si votò per il rinnovo del Consiglio Comunale nel 1965 e nel 1970. Il PCI era sempre in testa. Nelle elezioni del 1970 si confermò primo partito con il 36,8% dei voti, con un picco del 48,6% a Tor Lupara, mentre a Castelchiodato prendeva solo il 12,5%. Al contrario la DC – che nelle stesse elezioni prese complessivamente il 29,8% dei voti – prendeva il 19,9% a Tor Lupara e il 52,6% a Castelchiodato. A Santa Lucia dominavano i socialisti, che raccoglievano il 12,2% dei voti, e nella frazione palombarese arrivavano al 23,1% dei consensi. La conferma delle posizioni conservateci nel borgo e progressive vicino a Roma, si son confermate anche negli anni successivi. Basti pensare che al referendum sul divorzio del 1974 a Santa Lucia il 78,7% dei votanti si espresse per mantenere la legge sul divorzio, mentre a Castello le percentuali erano esattamente invertite e il 73,6% era per l’abrogazione del divorzio. A Mentana dal 1952 il sindaco era il comunista Demetrio Pasqui. Alle elezioni comunali del 1965 era stato il più votato con 3331 consensi e rimase in carica fino al 12 novembre del 1966. In questo anno, dopo un rimpasto, fu eletto sindaco il socialista Salvatore Cucca, primo sindaco non comunista di Mentana.   Oggi Mentana, se non fosse stata divisa con il referendum, conterebbe oltre i 50 mila abitanti. Nel 1968 gli abitanti erano 14.136 e crescevano di 6-700 circa ogni anno. Oltre alla forte spinta migratoria da regioni quali l’Abruzzo e le Marche, Mentana poteva contare su un consistente saldo naturale, ossia parecchi nati, rispetto ai morti. Nell’anno 1968 furono registrate 303 nascite, mentre i defunti furono 82. Senz’altro uno degli anni in assoluto con un movimento naturale più alto nella storia della città garibaldina. In quegli sessi anni le frazioni di Santa Lucia e Tor Lupara stavano crescendo così, in modo rapido, ma senza alcun piano urbanistico di zona, rendendo successivamente difficile la realizzazione delle principali infrastrutture e servizi indispensabili, quali: rete idrica e fognature, strade asfaltate e illuminate, servizi sociali indispensabili alla vita comunitaria.  

Ma in quegli stessi anni, erano sempre più le persone che decidevano di vivere in una casa in campagna vicino a Roma. La scelta consentiva di avere moltissimi vantaggi: la vicinanza a una grande città infatti permetteva di avere accesso a diversi servizi e di non rinunciare alla comodità. Era un’altra Mentana, ancora circondata da grezza campagna, polmone verde di Roma, che già stava soffocando nel cemento. Nessuno avrebbe potuto immaginare che solo dopo pochi decenni sarebbe anch’essa soffocata dal cemento, vittima di uno sviluppo urbanistico incontrollato e di una strada, la via Nomentana, sempre più stretta e caotica. L’urbanizzazione massiccia dovuta alla fuga dalla Capitale ha infatti causato la cementificazione del del territorio in gran parte rurale, ma anche boschivo, che era caratteristica così suggestiva dell’ambiente collinare dell’Agro Nomentano.

Nel 1966 era arrivato a Mentana Gianni Morandi. Proprio in quegli anni i trionfi canori di “Canzonissima” e del “Cantagiro” lo avevano consacrato come il cantante più popolare d’Italia e la sua villa di Tor Lupara, assisteva ad una continua processione di fans che vi si recavano per spiare un cenno del loro cantante preferito e dove ogni giorno i furgoncini postali recapitavano diversi sacchi di corrispondenza.  Ma intanto, in una intervista al settimanale Epoca del 12 gennaio 1969, il giovane cantane (ha solo ventiquattro anni) sembra guardare lontano, sa che il successo non è eterno, e racconta che, nel momento in cui smetterà di cantare, gli piacerebbe diventare sindaco di Mentana, dove tutti gli vogliono bene, e dove ama trascorre ore serene quando è libero dai suoi impegni.  Era quella, l’epoca d’oro dell’affermazione della RCA ITALIANA, alla fine del 1961 vengono inaugurati anche gli studi di registrazione della RCA, siti sempre al km. 12 di Via Tiburtina (l’indirizzo esatto coincide con il numero 7 di Via Sant’Alessandro), gli stabilimenti della RCA non molto distanti: Mentana costituiva una posizione strategica, nacque a una specie di villaggio della musica: avevano infatti preso casa in campagna Sergio Endrigo, Sergio Bardotti (noto paroliere e cantautore morto nel 2007, ndr) e due futuri Oscar come Ennio Morricone e Luis Enriquez Bacalov (nel 1996 per Il Postino, ndr). Senza contare che poco lontano, a Tor Lupara, ci stavano proprio accanto alla villa di Gianni Morandi anche Franco Migliacci e che, a un certo momento, in fuga dalla dittatura instauratasi nel loro paese, arrivarono anche artisti brasiliani, in particolare il celebre cantautore Chico Buarque (allora esiliato in Italia causa della dittatura del suo paese) e Toquinho. Li ospitò tutti Sergio Bardotti, nella sua villa di Via delle Molette, che trovò, nel sottoscala, un posto anche per Lucio Dalla. Ciò che agglutinò quella banda di musicisti fu il calcio, specie le partite del sabato in cui, nel campo regolamentare fatto costruire da Morandi a Tor Lupara, ci si riempiva di calci e dove eccelleva Pierpaolo Pasolini. L’unico che faceva l’osservatore con commenti tecnici era il maestro Ennio Morricone, già geniale con la sua musica, ma non versato per i dribbling e per gli schemi. Fu una stagione indimenticabile.  

A Via delle Molette, si era stabilito anche il futurista marchigiano Sante Monachesi (Macerata, 1910-Roma, 1991), formatosi nell’ambito delle ricerche aeropittoriche degli anni Trenta, fonda Agrà movimento con il quale intende superare il concetto di dinamismo aeroplanico e abbracciare l’idea di urfldeale penetrazione dell’ambiente cosmico, quindi agravitazionale, liberando le forme plastiche del dipinto attraverso il ricorso ad un’astrazione di stampo balliano. svincolata dai limiti terreni della forma e fluttuante in un universo di geometrismi astrali. Il primo manifesto del movimento viene scritto da Monachesi nel giugno 1964, ad esso ne seguiranno altri tre, rispettivamente nel 1965, nel 1968 e nel 1969 dove annuncia l’avvenimento della nuova società antigrà cioè antigravitazionale, svincolata quindi dalle fredde logiche del mero consumismo terrestre.  

Nel ’67 era venuto ad abitare a Mentana anche Federico Zeri.  Aveva comperato un terreno, alcuni anni prima, perché qui la terra costava poco. La sua casa si trova su una collina in vista del borgo di Mentana, dentro dieci ettari di terreno coltivati a ulivo, a vigna. Il progetto è di Andrea Busiri Vici, su indicazioni dello stesso Zeri. La sua casa è enorme. Al centro c’è un minuscolo chiostro. Intorno al chiostro con giri sempre più vasti, si compongono grandi stanze e nelle stanze enormi librerie. «Non riesco ad appendere i quadri alle pareti, i libri occupano tutto. Quest’anno ho fatto una sopraelevazione, è già piena anche quella». La casa sembra uno di quei grandi    gusci di lumache di mare, ogni anno un giro in più. E, dentro, lui con un sapere ogni anno più vasto. Oppure sembra una di quelle cascine che si ampliano di gene razione in generazione. Perché si fa l’ala nuova quando si forma una nuova famiglia, nasce un nuovo bambino. Ma lui, che era un uomo solo, nei nuovi spazi metteva non una famiglia umana ma una nuova famiglia di volumi, o di schedari di fotografie di opere stimate. Tuttavia, entrare nella Villa era per me sempre un’emozione, percorrendo una sorta di labirinto attraversando le sale piene di busti, statue, arazzi, tavoli marmorei, fra sterminate librerie stracolme di libri, per giungere al cospetto del prof. Zeri che attendeva in biblioteca dietro il suo tavolo di granito. 

Piazza Borghese a Mentana. Il vicepresidente del Consiglio Pietro Nenni (terzo a sinistra) con i sindaci della zona alla testa del corteo. Stanno per entrare in Municipio

Un salto di qualità veniva compiuto soltanto all’inizio degli anni ’60. Nel 1967 nasceva la Pro loco di Mentana, grazie all’entusiasmo di un gruppo di giovani volontari, desiderosi di dare un coordinamento e un’identità alle iniziative turistiche e culturali per la nostra comunità. In quello stesso anno, la XVII edizione della Sagra, cadde in contemporanea con i festeggiamenti del centenario della battaglia garibaldina.  Nutrito il cartellone degli eventi in programma. Le serate danzanti con la partecipazione di vari cantanti: Sergio Endrigo, Lucio Dalla e Jimmy Fontana. La manifestazione si svolse in un’atmosfera allegra, pregna del penetrante profumo dell’uva e del vino versato. I carri allegorici percorsero le strade dell’intero centro abitato, preceduti da un corteo di gruppi folk e sbandieratori, attesi, seguiti ed inseguiti da una folla vociante che interagisce con i protagonisti della cerimonia e diventa parte integrante della cerimonia stessa. L’evento si concluse il lunedì successivo, 25 settembre alle ore 21, in Piazza della Rocca (oggi Piazza della Repubblica) con uno spettacolo musicale di Carlo Loffredo.  

Ma Mentana era ormai già protesa alla preparazione di un grade evento che l’avrebbe portata alla ribalta della cronaca nazionale: le celebrazioni per il centenario della Battaglia Garibaldina. 

Il centenario delle gloriose battaglie garibaldine fu celebrato solennemente domenica 5 novembre 1967 alla presenza del vice presidente del Consiglio dei Ministri on. Pietro Nenni, e fu una vera manifestazione di popolo. Il significato della manifestazione e il commosso sentimento che la pervase, si possono sintetizzare con le stesse parole che l’on. Nenni pronunciò alla fine della manifestazione nella sala del Consiglio Comunale di Mentana: «Non ho considerato questa manifestazione come una manifestazione “ufficiale”, come un semplice atto formale; l’ho considerata una manifestazione di popolo, un atto di riconoscenza di tutti verso coloro che con il proprio sacrificio spianarono ogni ostacolo  all’unificazione d’Italia»… «Ringrazio soprattutto – disse Pietro Nenni concludendo – il popolo di Mentana e di Monterotondo e le rappresentanze di garibaldini che ci hanno offerto l’occasione di testimoniare la continuità del nostro pensiero, della nostra battaglia sulla via della civiltà e del progresso» (L’Avanti 6.11.1967).  

Le cronache della giornata che hanno registrato l’evento, riferiscono che la manifestazione si svolse in un’atmosfera commossa e partecipe della popolazione. La cerimonia di apertura ebbe luogo alle 10.15 davanti alla porta San Rocco attraverso la quale i garibaldini irruppero vittoriosi in Monterotondo: lì Nenni scoprì una lapide in ricordo della gloriosa battaglia, attorniato dalle autorità cittadine, dalle rappresentanze dell’esercito e dell’associazione garibaldina, dai rappresentanti di molti Comuni della zona, da personalità della cultura e della politica. Subito dopo si formò un corteo che raggiunse la tribuna eretta presso il monumento a Garibaldi. Dopo la deposizione di una corona d’alloro, il sindaco di Monterotondo Barelli rivolse un breve indirizzo di saluto all’illustre ospite ha ricordato la gloriosa vittoria dell’esercito garibaldino. Rispondendo al sindaco, l’on. Nenni disse fra l’altro: «Qui si è fatta con tre anni di anticipo sulla breccia di Porta Pia la completa unità d’Italia, qui è stato risolto il problema di Roma capitale: qui ora gli uomini di tutti i partiti, di tutte le confessioni religiose, cattolici o laici, sono uniti in un unico sentimento di gratitudine per i caduti, di riconoscenza per l’opera che essi compirono». Nenni ha concluso rivolgendo un saluto ai garibaldini e alle forze armate. Il vice presidente del Consiglio e le altre personalità si sono poi recati in corteo, preceduto dalla Banda di Poggio Mirteto, a Mentana accolti dal caloroso entusiasmo della popolazione assiepata ai bordi della strada. Il corteo ha poi raggiunto il monumento che ricorda l’eroico sacrificio dei garibaldini, presso il quale era stato eretto il palco. Il sindaco di Mentana, il sindaco Cucca, dopo aver letto messaggi di adesione alle celebrazioni del presidente del Consiglio degli onorevoli Tremelloni. Mancini e Preti e di altre personalità politiche, disse tra l’altro: “Signor presidente. la popolazione di Mentana quest’oggi vede in lei non soltanto il rappresen­tante del governo, ma anche il combattente irriducibile perla libertà, per quella stessa libertà per la quale questi prodi hanno combattuto e sono caduti”. Dopo gli interventi del presidente del comitato esecutivo per le celebrazioni garibaldine, Travaglini di Santa Rita, e dei sen. Spallicci, presidente dell’Associazione nazionale veterani e reduci garibaldini, Nenni pronunziò il discorso ufficiale. In precedenza erano state deposte corone di alloro davanti al mausoleo dei caduti garibaldini, alla lapide delle vittime del bombardamento del ’43. al monumento che ricorda le vittime del nazismo e al cippo dei caduti della guerra 15-18. Successivamente nel palazzo del Comune di Mentana, nel corso di una seduta congiunta dei Consigli comunali di Mentana e Monterotondo. il compagno Cucca ha offerto a Nenni una targa ricordo, opera dello scultore Sante Monachesi. e due pub­blicazioni sulle battaglie garibaldine.  

Il Comitato per la celebrazione del centenario garibaldino con l’intento di fare conoscere e divulgare, attraverso un adeguato programma di celebrazioni e manifestazioni culturali, promesse la stampa di un volume sula storia di Mentana affidandone il compito al dottor Salvatore Vicario. La sua attività di studioso era iniziata proprio in quegli anni, allorché in seguito ad esperienze vivaci e stimolanti come quella delle celebrazioni dell’anniversario della Battaglia garibaldina nel 1967, a Mentana nasceva la consapevolezza che ci si poteva riappropriare di alcuni beni storici della città per recuperarli, tutelarli, salvaguardarli e farli conoscere alla cittadinanza. Il dott. Vicario che aveva avuto sempre un interesse particolare per la cultura e per la storia, forte di una solida base di studi classici che ha coltivato da serio autodidatta, iniziò le ricerche negli archivi, portando alla luce numerosi documenti e testimonianze sulla storia di Mentana che confluirono in un libro: “Mentana, cavalcata su tre millenni”, uscito appunto nel 1967, che per la prima volta, finalmente, forniva un sistematico approccio allo studio e alla conoscenza della nostra storia locale. Il volume nasceva con l’auspico di essere utile a tutti i cittadini di Mentana, agli ospiti che sarebberop venuti a visitarla. 

Siamo ormai verso la fine degli anni Sessanta, nel corso di quel decennio Mentana oltre a cambiare la sua morfologia insediativa, dovuta ad un incontrollato sviluppo edilizio, stava mutando anche sotto l’aspetto sociale e culturale, in parallelo ad un incremento dell’andamento demografico locale. A prescindere dalla forte spinta migratoria, soprattutto proveniente dalle regioni quali l’Abbruzzo e le Marche, della quale già si è accennato, il nostro paese poteva contare su un consistente saldo naturale, che lo vedeva registrare, dal 1971 in poi, un numero consistente di nati rispetto ai morti. Dopo la depressione degli anni successivi il secondo conflitto mondiale, seguita poi da un periodo di stabilità durante gli anni Cinquanta, si è avuto anche localmente il così detto baby boom. Nella metà degli anni Sessanta, infatti, la natalità italiana raggiungeva i suoi massimi, dal dopoguerra, con un tasso di nascite di circa 2,6-2,7 figli per donna. Dopo quegli anni, seguirà una fase, tuttora in atto, di evoluzione negativa. Grazie all’attrazione esercitata da Roma, unita alla migrazione del decennio precedente, le attività artigianali e commerciali all’interno del comune mentanese, a cavallo degli gli anni Sessanta, iniziarono a crescere lentamente e a non dipendere solamente dall’agricoltura e l’allevamento. In particolare, la trasformazione dell’economia operò, come conseguenza, un mutamento radicale della vita dei mentanesi, così come l’allargamento del centro abitato, limitando l’importanza del centro storico, facendo così spazio ad un settore terziario in crescita, in particolare nella direttrice di via Reatina, sviluppatasi in tempi recenti. Lo sviluppo tecnologico, infatti determinò una forte diminuzione di lavoratori nel settore dell’agricoltura, in percentuale una delle occupazioni principali del paese. Insieme all’avvento delle automobili, sorse anche una rete di trasporti che raggiungeva le frazioni di Tor Lupara e Santa Lucia, lungo la direttrice della via Nomentana, evidenziando il cambiamento delle abitudini lavorative e della vita quotidiana. Era la fine di un isolamento culturale che si apriva alle nuove realtà provenienti da Roma e dalle altre regioni, in particolare, la popolazione romana che raggiunse 1’80% rispetto ai valori complessivi della provincia, favorirà, tra gli anni Settanta e Ottanta, una smodata speculazione edilizia senza regole nel comune di Mentana. 

Nel 1971 a Mentana organizzazione del Cantagiro. Quell’anno la nota manifestazione canora itinerante estiva ebbe inizio il 22 giugno a Montesano Terme e si concluse il successivo 10 luglio successivo a Recoaro Terme. Una tappa si era svolta a Mentana, campo sportivo parrocchiale Plinio Finozzi. Lo spettacolo cominciava alle 21, ma il campo sportivo è pieno di gente fin dal primo pomeriggio. Intorno al campo sportivo, sulle terrazze delle piccole case che si allungano su pollai e gabinetti prendono posto uomini e donne consapevoli della posizione previlegiata. La folla assiste allo spettacolo senza pagare dietro la rete di recinzione. Sta cantando in quel momento Lucio Dalla, sul palco in fondo al campo. La rete che divide gli spettatori paganti dai portoghesi, viene sfondata. I carabinieri accorrono, la gente urla. Volano pietre e mattoni, cadono i primi feriti, un gruppo di facinorosi viene accerchiato, l’ufficiale ordina di lanciare i lacrimogeni. Il mondo stava davvero cambiando Ci si accorse di colpo che un mondo stava finendo alle soglie di quell’anno portando un rapido quanto profondo mutamento della vita sociale. 

Di questi cambiamenti si faceva interprete il poeta locale Arturo Massimi. Trasferitosi da tempo a Roma con la moglie, aveva però sempre mantenuto uno stretto legame con il territorio e la tradizione di Mentana. Nella Capitale, Massimi condurrà una vita di tranquillo impiegato pontificio, verseggiando in lingua e in dialetto, dedicandosi probabilmente alla lettura dei grandi poeti, ma soprattutto di poeti dialettali. In questo stesso periodo lavora alla stesura della sua raccolta di poesie “I Confronti” che sarà pubblicato nel 1966. Il volume raccoglie la maggior parte della sua produzione poetica, composta fra gli anni 50-60, un periodo di intense trasformazioni sociali e culturali che evidentemente trovarono pronta la sensibilità poetica di Arturo Massimi a coglierne gli aspetti più umani ed immediatamente riflessi nella vita quotidiana. Ne scaturiscono così intensi ritratti di scene ricche di temi e soggetti legati ad un inevitabile confronto con la propria terra natia, con la propria infanzia, con i propri ricordi famigliari, con il duro lavoro dei campi e con le vicende tristi e liete della propria esperienza, descritte con accenti a volte amari e a volte sereni, ma sempre con un linguaggio semplice e carico di umanità di chi conosce l’anima popolare e la canta con nostalgiche rievocazioni e con lucidità di giudizio. Nel presentare la seconda edizione del Premio, il presidente della Giuria, Cav. Pino Amatiello, che ebbe modo di conoscere il poeta, scrisse: “Arturo Massimi ebbe quest’ottica coinvolgente nella sua poetica: egli nella sua produzione in lingua e nel dialetto romanesco e mentanese trasferì la sua “pagina usuale e domestica” in un afflato umano che si concretizza nei sentimenti di amore e di fraternità“. E questo che fa di Arturo Massimi un poeta che pur descrivendo il proprio villaggio si innalza a sentimenti ed affetti valore universale. 

Domenica 26 gennaio 1969. Il Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat riceve in udienza il prof. Salvatore Cucca, Sindaco di Mentana, con rappresentanti della Giunta Comunale dell’Associazione Garibaldina (12 persone): per offrire in omaggio la medaglia coniata per le celebrazioni de 1° centenario della battaglia di Mentana e Monterotondo

Roberto Tomassini
Roberto Tomassini

Roberto Tomassini è un grande appassionato di storia e autore di libri sulla città di Mentana


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