
Domenica 10 luglio 2022 si è tenuta la manifestazione artistica “Il Giardino dell’Arte” presso il Parco dei Cigni a Monterotondo (RM).
La mattina è iniziata percorrendo le viette del giardino, che aveva preso una veste diversa, artistica e variopinta, grazie alle numerose opere d’arte esposte lungo il percorso. Mi colpiscono diverse opere ma, in quanto eterna amante dell’acquerello, non posso non fermarmi davanti alle delicate pitture di Irma de Ceglia.
Irma, da quanti anni dipingi?
Da sempre. Non ho una formazione artistica, ho fatto il Liceo Classico. Sono architetto: c’è sicuramente un’attinenza, ma io mi definisco autodidatta. Da qualche anno dipingo quotidianamente, direi con molta foga.
Secondo te dipingere è un modo per spegnere i pensieri o per attivarli?
Assolutamente per attivarli. Non di certo per staccare. Per me non è una forma di relax, perché quando pensi a cosa devi fare, come lo devi fare…è tutto un tumulto, non una cosa pacifica. Io la vivo come ricerca.
C’è un messaggio che vuoi comunicare con la tua arte?
Sinceramente no. Per me è puramente ricerca interiore: sicuramente anche tecnica, ma soprattutto una ricerca di sè.

La risposta di Irma mi ha incuriosito a cercare confronto, perchè le forme d’arte sono molteplici, tante quante lo sono le menti creatrici degli artisti, o forse di più, perchè dipendono da uno stato d’animo.
Diversa è l’ottica di Giordana Scipioni, giovane artista e scrittrice, che invece vuole comunicare più di un messaggio. Le sue opere d’arte in pieno stile contemporaneo hanno dei significati ben chiari.
Ciao Giordana. Ci puoi parlare di ‘Capital’ e delle altre opere esposte?

Capital fa parte di un trittico, manca la terza opera. Si ispira, come le altre, a libri che ho letto… come
Realismo Capitalista di Mark Fisher . Per realizzare Capital ho utilizzato ritagli di giornale contenenti parole quali “impresa”, “soldi”, “sconti”, “multinazionali”, “investimenti”… tutte parole del genere, che vengono dai media, ci influenzano. Dalla miriade di parole di cui siamo circondati, che ci condizionano, l’unica cosa che può nascere sono dei rami secchi.
Gli altri sono dei vasi realizzati trasformando delle bottiglie di latte: uno rappresenta il corpo di una donna, l’altro è più artistico, ho puntato sulla decorazione.
L’ultima opera, “Locus Amoenus. Locus Horridus“. La frase è di Shackespeare (Il Sogno di Una notte di mezza estate). Quest’opera va vista da entrambi i lati: davanti abbiamo la rappresentazione del mondo ideale, concepito come un teatro, una scenografia, con un umanoide al centro, dietro nero e davanti
bianco, perchè illuminato dalla luce dal sole. Dietro alla scatola c’è la scritta Locus Horridus
dove ho inserito una frase della Thatcher.
Lo stesso tumulto di cui parlava Irma, e il messaggio di Giordana si legano in qualche modo: nodi dello stesso filo rosso che continua in Adele Franchi, artista e regista, le cui opere esposte mi hanno colpito particolarmente:
“La mia opera è stata fatta dopo un’alluvione, a destra è presente un’antica costruzione, sulla sinistra ci sono delle scale e un pertugio verso il mare. In fondo sulla sinistra c’è il mare e il sole, strano, che arriva.
Quella che vedi, dai toni rossi, l’ho realizzata di notte del 23 marzo, tra mezzanotte e le due di mattina.
Quella mattina ho poi saputo che Putin aveva lanciato la prima bomba al fosforo. Mi è uscito dalla mano… e si vede la città sottostante, oltre il colore rosso predominante. Mi succede questo. – Racconta Adele Franchi.
Secondo te Adele, qual è la vera natura dell’artista?
Secondo me la pittura non può essere spiegata più di tanto. Io sento il bisogno di essere la mano del mistero: è questo che mi conforta molto.
L’artista deve essere la mano di Dio, esprimere agli altri quel momento che si è provato forte, quella cosa che ci sconvolge.
Magari gli altri poi non lo leggono e forse non è neanche necessario. Però quella cosa, forse, si deve manifestare da qualche parte.


La mattinata è proseguita con la premiazione degli allestimenti più belli per il concorso Borgo in Fiore, da parte dell’Associazione Centro Storico di Monterotondo, che ha visto numerosi vincitori; l’intervento di Retake Roma, che da ora sarà presente con varie attività anche a Monterotondo; la musica di
Rolando Camilli, il reading di poesie e lo spettacolo “Malacarne”, monologo di Cinzia Salluzzo Rovituso, interpretato da Mariantonietta Petri, allieva di Giselda Volodi, accompagnata alla chitarra dal Maestro Franco Tinto. Il pubblico, numeroso e pienamente intrattenuto, ha apprezzato particolarmente l’interpretazione della tematica incentrata sul tema del disturbo bipolare.
Cinzia, come nasce il tuo monologo? Cosa puoi dirci a riguardo?
Il mio Monologo è nato da un’esigenza di esprimere. Sto scrivendo un libro sul percorso terapeutico che sto facendo, con la bioenergetica.
Il mio messaggio è che si può anche essere felici con la malattia…E se ne può uscire. Bisogna trovare un buon terapista, una buona terapia. Non bisogna mai dimenticare che con l’amore verso se stessi, verso gli altri, ce la si può fare!
Ci saranno altre occasioni in cui vedere Malacarne?
Sì. Replicheremo sicuramente. Stiamo preparando nuovi appuntamenti che si terranno
con molta probabilità in una Galleria d’Arte a Roma.


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