L’ANTICA VIA CASSIA

Una strada costruita dai romani per controllare l'Etruria

La Via Cassia (ora Strada Statale 2) fu un’importante via consolare romana, che congiungeva Roma a Firenze, poi prolungata sino alla via Aurelia passando per Pistoia e Lucca. Fu costruita tra il III e il II sec. a.C. per controllare l’Etruria appena conquistata e si diramava tra la costiera via Aurelia ad ovest e la via Falminia ad est. Essa inizialmente collegava tracciati etruschi, tra cui la via Veientana, che da Veio conduceva a Ponte Milvio sul Tevere, e la strada che univa Chiusi ad Arezzo passando per Cortona. Con l’arrivo dei Celti Arezzo era diventato un baluardo essenziale contro le loro invasioni. Fu in quel periodo che, secondo Tito Livio, il censore Cassio Longino nel 154 a.C. cominciò la costruzione della Cassia.

Ponte Milvio a Roma

A differenza delle altre strade consolari romane, la Veientana o Cassia Vetus non iniziava dal Foro Romano, in Campidoglio, ma dal Ponte Milvio e da qui condivideva il tracciato con la via Clodia fino a Veio. Attraversata la collina, passava poi per il Fosso dell’Acqua Traversa, dove avrebbe sostato Annibale prima di saccheggiare il tempio di Lucus Feroniae. Nel Settecento, nella tenuta dell’Aqua Traversa della famiglia Borghese, furono ritrovati vari reperti romani, tra cui un busto di Lucio Vero, una Venere e resti di due grandi statue raffiguranti Marco Aurelio e Lucio Vero. Verso il X miglio della Cassia Antica si trova la tomba di Nerone che però contiene i resti di Publio Vibio Mariano, funzionario imperiale, e di sua moglie, Regina Maxima. Fu Papa Pasquale II che nel XII secolo ordinò di abbattere la vera tomba di Nerone, il sepolcro dei Domizi, ubicata dove ora sorge Santa Maria del Popolo e dove i Romani erano soliti portare fiori il 9 luglio in ricordo di un imperatore da loro amato. Il popolo non apprezzò l’operato del Papa per cui fu diffusa la diceria che le ceneri di Nerone fossero state trasportate in un mausoleo sulla Cassia e qui si continuò a rendergli omaggio.

Tomba di Nerone sulla via Cassia

La Veientana prosegue poi al Fosso del Fontaniletto (da cui di diramano tre strade: la Veientana, la Cassia e la Flaminia) e arriva all’affluente del Tevere, il Cremera.  Qui la Gens Fabia aveva costruito una fortezza, circondata da una doppia palizzata e con torri ravvicinate, da cui cominciò a saccheggiare il territorio di Veio. Quando i Veienti attaccarono il presidio, l’esercito romano al comando di Lucio Emilio venne in aiuto dei Fabii, conquistando la vittoria (477 a.C.) senza però porre fine alle ostilità tra i due popoli. Fin dai tempi di Romolo, infatti, la ricca e potente città etrusca era entrata in competizione con Roma, che controllava i territori dei septem pagi, e quelli delle saline. Nel 396 a.C. Roma conquistò Veio dopo un lungo assedio e la trasformò prima in colonia, poi in municipio per opera dell’imperatore Augusto, venne poi abbandonata nel corso del IV secolo d.C.. Le rovine di questa gloriosa città si trovano nel borgo medioevale di Isola Farnese, all’interno del Parco Regionale di Veio.

Antico tratto della via Cassia

Dopo Veio la prima stazione della posta imperiale era la Mansio Ad Vacanas nella valle di Baccano, vicino al lago di Bracciano. Poi la Cassia giungeva a Sutrium che, conquistata dai Romani nel 391 a.C., divenne il baluardo contro le invasioni dal nord. Di epoche diverse sono le sue antiche mura con la Porta Furia da cui, secondo la leggenda, Furio Camillo vittorioso entrò in città. Fuori dalla rocca si possono vedere i resti dell’anfiteatro tagliato nel tufo, forse di epoca augustea. A Sutri si affacciano sulla Via Cassia 64 tombe, a camera o a doppia camera, scavate nel tufo a vari livelli. La necropoli romana in uso dal I secolo al IV secolo d.C. si estende per 180 metri lungo il Parco Archeologico della città.

Necropoli romana di Sutri

Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente e le prime invasioni barbariche, l’Etruria venne divisa tra Longobardi e Bizantini e la Cassia attraversava i possedimenti longobardi, che avevano posto sotto il loro controllo parte del territorio di Vico e Bolsena. Nel 728 il Castrum Sutri fu donato alla Chiesa dal re longobardo Liutprando, dando origine al Patrimonio di San Pietro e poi allo Stato della Chiesa. Quando subentrarono i Franchi, Carlo Magno ampliò i possedimenti della Chiesa e la Via Cassia divenne la Via Francigena, la via dei pellegrini.
            Da Sutri, la via Cassia toccava Forum Cassi (Vetralla), la campagna di Viterbo, Montefiascone, Bolsena sul lago omonimo, Orvieto, Chiusi, Cortona, Arezzo e infine Fiesole (Firenze). Dopo Vetralla la Cassia antica continua tra i campi ad ovest di Viterbo tra ponti e terrapieni di epoca romana. A Bagnaccio di Viterbo era la stazione di Aquas Passeris, dove le acque calde e solforose dalla sorgente del Bullicame si spandono sui campi tra ruderi di antichi stabilimenti termali etruschi e poi romani. Nei pressi di Viterbo, oltre la via Cassia, si trovano i siti archeologici di Ferentium e di Acqua Rossa. Ferento, antica e ricca città etrusca, dopo la conquista romana fu un centro importante, soprattutto durante l’età imperiale a cui risalgono la costruzione del foro, delle terme, del teatro e dell’anfiteatro. L’area archeologica di Acqua Rossa, nome derivato dalla sorgente di acqua ferruginosa, sorge in una zona abitata fin dal neolitico e conserva resti di case etrusche, costruite con blocchi di tufo e tronchi di legno.

Ferento, Teatro romano

La via consolare arrivava a Montefiascone e a Bolsena, costeggiando il lago omonimo. La zona è ricca di reperti; perfino sotto le acque, che hanno riempito il cratere di un antico vulcano, è stato localizzato un villaggio preistorico. L’antica Volsinii, in etrusco Velzna, da cui deriverebbe anche Felsina, l’attuale Bologna, fu distrutta dai Romani nel 264 a.C., poi ricostruita sulla Via Cassia col nome di Volsinii Novi, che poi divenne municipio romano. Secondo alcuni, era l’antica Orvieto, distrutta e poi ricostruita in altro luogo col nome di Urbs Vetus. A Bolsena il sito archeologico di Poggio Moscini conserva della Volsinii romana i resti del foro, la basilica, vari edifici pubblici, la Domus delle Pitture e la Domus del Ninfeo. In epoca cristiana la città divenne famosa per i miracoli attribuiti a Santa Cristina, martirizzata durante le persecuzioni di Diocleziano. Nel 1263 mentre un prete di Praga, scettico su quei miracoli, celebrava la messa, dall’ostia cominciò a gocciolare sangue. Le reliquie a testimonianza di quel miracolo sono custodite nella Cattedrale di Orvieto. Da Bolsena, mentre la via Cassia proseguiva a nord verso Chiusi, fu costruita nel 108 d.C. la Via Traiana Nova che conduceva a Perugia.
            Dopo Bolsena l’antica via attraversava il fiume Paglia, poi seguiva il torrente Ritorto fino a Fabro dove seguiva il Clanis, Chiani, fino a Chiusi, l’etrusca Clevsin, o Camars che, come Volsinii, era una delle principali città della dodecapoli etrusca. Il suo re, Porsenna, conquistò Roma dopo la cacciata di Tarquinio il Superbo, ma non riuscì a mantenerne il possesso. Nell’82 a.C. vi si stabilì una colonia di veterani che tolsero agli Etruschi le terre migliori, poi divenne municipio romano col nome di Clusium. Sorgeva lungo la via Cassia e lungo il fiume Clanis. Questo fiume, ora scomparso, nasceva dalle colline attorno ad Arezzo, percorreva la Val di Chiana e i Romani lo avevano reso navigabile fino al Tevere. Della città etrusca restano parte delle mura e numerosi sepolcreti con alcune tombe dipinte; di età romana è rimasto l’impianto urbano e ruderi delle mura. Molti i tesori provenienti dalle necropoli, tra cui vari canopi. Nella necropoli Etrusca di Fonte Rotella, nel 1844/45, fu ritrovato un cratere attico a figure nere, databile al 570 a.C.: si tratta del famoso Vaso François, che prende nome dal suo scopritore ed ora è conservato al Museo Archeologico di Firenze.
            La Cassia Vetus arrivava ad Arretium passando per Cortona. Della Curtun etrusca restano le mura del VI sec. a.C. e le tombe a tumulo di recente scoperta, i cosiddetti meloni, tra cui il Melone di Camucia, che ricoprono camere sepolcrali di antiche famiglie nobili. Il territorio attorno a Cortona fu devastato dai Cartaginesi che poi alla guida di Annibale sconfissero l’esercito romano guidato dal console Flaminio, a Sanguineto, sul Lago Trasimeno, nel 217 a.C.

Il Melone di Camucia

Arezzo sorge in una zona abitata fin dalla preistoria e i pre- etruschi si insediarono sul Colle di San Cornelio, poco distante dall’attuale città. L’abitato etrusco si sviluppò poi sul Colle di San Donato e l’antica Aritm esisteva già nel IX sec. a.C., faceva parte della dodecapoli e aveva insieme a Cortona, Orvieto e Chiusi un ruolo predominante nella valle del Clanis. I giochi pan estruschi si svolgevano presso la rupe di Orvieto dove il fiume confluiva sul Tevere. Arezzo, Volterra e Perugia organizzarono un esercito per frenare l’espansione romana ma furono sconfitte a Rosselle, vicino a Grosseto, nel 295 a.C. Dalla metà del III sec. a.C. tutta l’Etruria era stata conquistata dai Romani che però copiarono di quel raffinato popolo l’arte e i costumi, dal vestiario all’arredamento, alle suppellettili, alle armi e alle insegne belliche. Arezzo era la città dell’oro che qui veniva lavorato, traendone bellissimi oggetti in filigrana, conservati al Museo Archeologico insieme ai buccheri neri e ai vasi corallini di epoca romana. Nel 1553, durante la costruzione di fortificazioni medicee nella periferia della città, venne ritrovata la scultura in bronzo di una chimera che Cosimo de’Medici volle subito portare a Firenze, dove tuttora è conservata. Risalente al IV sec.a.C., la Chimera di Arezzo era probabilmente un ex voto per un santuario della zona, poi distrutto e dedicato a Tinia, il Giove etrusco. La Chimera poteva far parte di un gruppo di statue non ritrovate, comprendente l’eroe Bellerofonte e il cavallo alato Pegaso. Secondo la leggenda l’eroe uccise la chimera, affondando la lancia nella sua bocca da cui uscirono le fiamme che fusero la punta di piombo nella gola e nel ventre della bestia. Nell’89 a.C. Arezzo ottenne la cittadinanza romana e si arricchì di grandi opere pubbliche (terme, teatro, Foro) e di edifici privati.

Arezzo, Porta Stufì

            Da Arezzo la Cassia Vetus seguiva una via sul controcrinale del Pratomagno, via che collegava molti villaggi agricoli e che ora è chiamata la Via dei Setteponti. La sua costruzione richiese un forte impegno, anche economico, essendo il territorio ricco di torrenti. In epoca imperiale fu costruita la Cassia Adrianea che da Chiusi andava lungo le pendici orientali dei Monti del Chianti e, ad alta quota, traversava il crinale a Cintoia, poi scendeva a Strada in Chianti, Grassina, Badia a Ripoli e infine voltava a destra verso Florentia, in fondo a Via Strozzi. Da qui la Cassia partiva per Prato, Pistoia, Montecatini, Lucca, dove c’era un collegamento verso la via Aemilia Scauri. Un’altra strada risaliva la valle del Serchio, attraversava il Passo delle Forbici e arrivava a Parma, aprendo la strada verso il nord.
            L’attuale Strada Statale 2 (SS2) fu costruita nel 1928 e prende il nome di questa antica via consolare; essa tocca le principali città ma non ne segue il percorso. L’attuale Cassia passa per Roma, Vetralla, Viterbo, Montefiascone, Radicofani, Siena, Poggibonsi, Firenze, ma non tocca Arezzo.

Articolo di Maria Luisa Berti

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