
La consolare Via Flaminia oggi SS3 nel tratto Roma- Fano) fu costruita dal censore Gaio Flaminio Nepote nel 220/ 219 a.C. per collegare Roma a Rimini. È stata la prima via di collegamento con il nord Italia, perché si allacciava con la Via Emilia da cui si potevano raggiungere Milano e le altre città europee. Ricalcava probabilmente antichi percorsi etruschi. Fu restaurata e ampliata più volte in età imperiale. Augusto nel 27 a.C. fece rifare il lastricato e ricostruire tutti i ponti, tranne il Milvio e il Minucio. A lavori ultimati, due archi commemorativi con l’immagine dell’imperatore furono eretti sul Ponte Milvio e all’ingresso di Rimini. Vespasiano nel 76 d.C. fece scavare la galleria del Furlo.
La Flaminia aveva inizio, come la Cassia, dalla Porta Fontinalis, aperta sulle Mura Serviane, all’angolo nord-est del Campidoglio, la zona della tomba di Gaio Publicio Bibulo, tribuno della plebe, come Tito Livio ricorda nella sua storia di Roma. Proseguiva poi fino alle mura Aureliane dove attraversava la Porta Flaminia (poi Porta del Popolo) e raggiungeva il Ponte Milvio, che conserva resti dei piloni e delle arcate originari. In origine era di legno, ma nel 109/110 a.C. fu fatto ricostruire in muratura dal censore Marco Emilio Scauro. Nei pressi del ponte Cicerone arrestò Tito Volturcio, e lo condusse in Senato dove fu giudicato per aver congiurato insieme a Catilina (63 a.C). Nelle campagne circostanti, nel 312, ebbe luogo la Battaglia di Ponte Milvio tra Costantino e Massenzio. Una leggenda narra della croce con la scritta In hoc signo vinces, che Costantino avrebbe visto e che lo avrebbe poi convinto ad imporre il cristianesimo come religione dell’impero.
Dopo il ponte la Flaminia si staccava dalla Cassia e risaliva la valle del Tevere. All’interno dell’Urbe, nella Zona Z.LVI, di Grottarossa, dalla consolare si può arrivare in via Vitorchiano. Qui nel 2008, durante dei lavori di manutenzione, è stato rinvenuto un sepolcro monumentale a forma di tempio, rivestito di marmo e con tegole pure di marmo, che si è salvato in quanto sepolto sotto il fango lasciato da una grande alluvione del Tevere. Si tratta del Mausoleo di Marco Nonio Macrino, fatto costruire dal figlio, detto anche la Tomba del Gladiatore perché qui sono state girate scene del film “Il Gladiatore”. Marco Nonio Macrino, di origine bresciana, fu Comes (titolo militare di età imperiale) di Marco Aurelio nella spedizione contro i Quadi e i Marcomanni e, sotto l’imperatore Antonino Pio, fu console e proconsole tra il 153 e il 161.

A Grottarossa, in Via dei Casali Molinario è stata ritrovata nel 1923 la Tomba di Fadilla, dove una piccola lapide in marmo sulla parete destra riporta una dedica a Fadilla da parte del marito, forse della famiglia degli Antonini. Il monumento, che risale al II secolo d.C., ha il pavimento di mosaico, in bianco e nero, ad ottagoni collegati da quadrati. Le pareti, la volta e gli archi delle nicchie sono finemente decorati con animali e figure umane.
Nei pressi c’è la Tomba dei Nasoni scoperta nel 1674. Si tratta di un ipogeo, risalente al II sec. d.C., la cui facciata a forma di tempietto, ricavata in una parete di tufo, ha una porta dagli stipiti di travertino. All’interno una camera rettangolare presenta ai lati le nicchie con i cassoni per le sepolture. Le decorazioni pittoriche lungo le pareti, in parte perdute, rappresentavano scene mitologiche (Giudizio di Paride, Atena ed Eracle, La guerra di Troia) ed erano separate da decorazioni di geni alati e figure relative alle stagioni. Copie dei disegni sono conservati nella Biblioteca reale di Windsor, tra cui “Il ratto di Proserpina”, “Antigone e Creonte”, “Pegaso tra le ninfe”. Il pavimento era a mosaico bianco con rombi neri.

Al IX miglio, forse sotto l’antico Casale di Grottarossa, che per anni ospitò un’osteria, si trovava una stazione di posta dove la Via Veientana confluiva sulla Flaminia: la mutatio ad Rubras, toponimo collegabile a Saxa Rubra, Sassi Rossi, per l’abbondante presenza di tufo. Poi la Flaminia passava su un ponte romano sopra la Valchetta, l’antico Cremera, che ricorda il sacrificio dei trecento Fabi contro Veio, e di cui restano due fornici.

Nel tratto suburbano, fino al XIV miglio, la via attraversava l’antico Ager Veientanus, mentre i Capenati controllavano la zona più a nord e i Falisci quella più occidentale. Sottomessi questi tre popoli, Roma fondò colonie nelle loro principali città: Veio, Capena e Falerii Veteres (Civita Castellana), così il territorio si arricchì di ville e fattorie collegate da strade alla via consolare. La Via Flaminia non attraversava Falerii Veteres ma aveva lì vicino due stazioni di posta ad Aquaviva e ad Aequum Faliscum (Fescennium). Dopo la conquista romana la città vecchia fu ricostruita in un altro luogo con il nome di Falerii Novi. Divenne colonia probabilmente sotto Augusto poi, con la desertificazione del luogo nel Basso Medioevo, la popolazione si trasferì nella sede precedente. Il sito archeologico romano si trova sulla Via Amerina, che è una deviazione della Via Cassia. Falerii Novi era cinta da mura di forma triangolare, ben conservate. C’erano circa 80 torrette, di cui 50 ancora conservate insieme a 2 delle 8 porte d’accesso: la Porta di Giove, fiancheggiata da due torri, sul cui arco è una copia del volto della divinità (l’originale si trova nel Museo Nazionale dell’Agro Falisco) e la Porta di Bove, così detta per le sue decorazioni, che è circondata da una fitta vegetazione. All’interno è ben conservata la Chiesa di Santa Maria dei Falleri, la cui prima costruzione risale al XII secolo ad opera dei monaci cistercensi. All’esterno delle mura, così come a Falerii Veteres sono state ritrovate varie tombe.

La Flaminia proseguiva per Ocriculum (Otricoli) in Umbria e Narnia (Narni) dove, con un ponte scavalcava il fiume Nera. Da qui partivano due ramificazioni: la Flaminia Vetus che raggiungeva Forum Flaminii (San Giovanni Profiamma nel comune di Foligno), e la Flaminia Nova, una variante che toccava Terni e Spoleto per poi ricongiungersi con la Vetus a Forum Flaminni. Un’ulteriore variante verso l’Adriatico partiva da Nuceria Camellaria (Nocera Umbra,) attraversava le Marche, toccando Septempeda (San Severino Marche) e Auxinum (Osimo) e arrivava ad Ancona.
La Flaminia Vetus, passato il Ponte di Augusto, toccava Casventum (San Gemini), Carsulae, Vicus ad Martis (Massa Martana), Mevania (Bevagna) e Forum Flaminii dove si ricongiungeva con la Flaminia Nova. San Gemini, considerato uno dei borghi più belli d’Italia, ricco d’arte di storia e di cultura, sorse in epoca medioevale sul luogo di un’antica villa romana del I sec. a.C., i cui resti sono conservati in una casa privata di Via del Tribunale. Si tratta di un atrium e di un impluvium sul cui pavimento sono visibili mosaici, alcuni geometrici e uno raffigurante un vaso con due uccellini. Nei pressi è il sito archeologico di Carsulae. Qui sono visibili tratti della via consolare, che costituiva il cardo maximus della città romana e a cui si accedeva attraverso l’Arco di San Damiano. L’Arco, costruito in calcare all’ingresso settentrionale della città, anticamente ricoperto di marmo, conserva solo una delle tre arcate originarie. Nel sito si possono visitare un impianto termale privato; la Chiesa dei Santi Cosma e Damiano del VI secolo costruita sui resti di un macellum; la Basilica per le riunioni pubbliche, il Forum, la Cisterna Antiquarium, due templi gemelli, l’anfiteatro, risalente all’età dei Flavie il Teatro di epoca Augustea, monumenti funerari e vari edifici pubblici tra cui una scuola per giovani.

La Via Flaminia, come le altre consolari romane, aveva inizialmente funzione militare e di collegamento col territorio conquistato, poi portò progressi socioeconomici e anche culturali agli abitanti delle zone circostanti. Così le stationes, sorte per il cambio dei cavalli e per ospitare i viandanti, si arricchirono di nuovi edifici e divennero vici, come accadde a Vicus ad Martis.
Mevania, oggi Bevagna, divenne colonia romana nel 90 a.C. Fu un importante centro agricolo e commerciale grazie alla sua posizione favorevole e al suo porto sul fiume Topino, allora navigabile. La decadenza arrivò con la costruzione della Flaminia Nova. Dopo le invasioni barbariche, Bevagna fece parte del ducato longobardo di Spoleto, poi dello Stato Pontificio; divenne libero comune dopo il Mille per poi tornare sotto la Chiesa.
Il ramo principale della via consolare da Forum Flaminii attraversava gli Appennini al Passo della Scheggia, seguiva la Valle del Burano, raggiungeva Cales (Cagli) e la stazione di posta vicino alla Galleria del Furlo: la mutatio ad Intercisa Saxa, documentata dall’ Itinerarium Hierosolymitanumm e dalla tabula Peutingeriana, che allude alle rocce tagliate per formare un terrazzo su cui far passare la via. Il toponimo Furlo fa riferimento al foro nella roccia, forulus, mentre Il toponimo Petra Pertusa è collegabile alla galleria fatta costruire da Vespasiano nel 76-77 a.C., lunga 38,30 metri e talmente stretta (3,30 metri) da permettere il passaggio di un carro alla volta. L’iscrizione posta sopra il suo ingresso ricorda l’imperatore che ne ha curato la costruzione. Questa profonda e stretta fenditura si trova tra il Monte Pietralata e il Monte Paganuccio e sul fondo scorre il fiume Candigliano, alla cui sinistra si trova la Via Flaminia, ieri come oggi. Si tratta di un percorso tortuoso. sopraelevato di una trentina di metri rispetto al letto del fiume, ottenuto con tagli del costone di roccia, con muri di terrazzamento e con lo scavo di due gallerie. Qui è stato istituito il Parco Naturale del Furlo.

Dopo il Furlo, la Flaminia seguiva la Valle Del Metauro fino a Fano, poi costeggiava l’Adriatico e finiva a Rimini, all’Arco di Augusto. Rimini fece parte della Gallia Cisalpina fino alla battaglia di Sentino (295 a.C.), in cui la coalizione d Galli, Umbri, Etruschi e Sanniti fu sconfitta dai Romani che colonizzarono tutta la zona.Nel 268 a.C. essi fondarono alla foce del fiume Ariminus, l’odierno Marecchia, la colonia latina di Ariminum che aveva statuto autonomo ed era legata a Roma da trattati commerciali e politici a difesa dei territori appena conquistati. Da qui partivano la Via Emilia, che dal Ponte di Tiberio arrivava a Piacenza e da cui si poteva giungere a Milano e al nord Europa, e la Via Popilia-Annia che giungeva ad Aquileia, toccando Ravenna, Adria, Padova e Altino. Per la difesa dell’Alto Adriatico era di essenziale importanza il Porto di Ariminum,in cui era ancorata una flotta romana, mentre a difesa del Basso Adriatico era stata stanziata un’altra flotta a Brindisi. Coinvolta nelle guerre civili di tarda età repubblicana, Ariminum fu sempre fedele a Roma che nel 90 a.C. le riconobbe il diritto di cittadinanza come primo municipio cispadano. Fu proprio nel Foro della città che Giulio Cesare nel 49 a.C. parlando alle sue legioni disse “Alea iacta est”. Ai tempi di Augusto, Tiberio e Adriano la città prosperò e si arricchì di opere pubbliche (l’Arco di Augusto, il Ponte di Tiberio, il teatro e l’anfiteatro), vennero riassettate la rete dell’acquedotto, le fognature e le strade che furono lastricate. Dal 313 Rimini divenne sede vescovile ed ospitò nel 359 un concilio contro l’arianesimo. La decadenza della città cominciò in tarda età imperiale, con l’arrivo dei barbari e soprattutto con la guerra greco-gotica che ne decimò la popolazione. Infine, fu conquistata dai Bizantini, che fondarono la Pentapoli marittima (Rimini, Pesaro, Fano Senigallia e Ancona) e l’Esarcato che poi i Franchi nel 756 donarono alla Chiesa.
Dal XII secolo Rimini divenuto libero comune, si arricchì di nuovi edifici (Palazzi dell’Arengo e del Podestà) e il Foro Romano ospitò il mercato, tornei e giostre. Coinvolta nelle lotte civili tra guelfi e ghibellini, la città divenne guelfa parteggiando per i Malatesta che ne divennero i Signori, poi tornò a far parte dello Stato della Chiesa finché nel 1860 fu annessa al Regno di Sardegna e l’anno seguente al Regno d’Italia.

http://www.federarcheo.it/via-flaminia/
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