Tra gli olivi della Sabina – Impressioni d’autunno

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Tra gli olivi della Sabina – Impressioni d’autunno

L’autunno secondo me è il periodo migliore per un’escursione attraverso la campagna della Sabina. Questa storica regione, a cavallo delle province di Roma e di Rieti, a pochi chilometri dalla Capitale, è riuscita a mantenere sorprendentemente intatto il suo paesaggio agreste, punteggiato da ulivi secolari, da querce maestose, da filari di viti. Senz’altro una meta ideale per godersi magnifici paesaggi autunnali.

I colori delle foglie d’autunno, rappresentano uno spettacolo naturale veramente unico che accende l’aspetto floristico, lussureggiante e variopinto, delle colline sabine, dando vita a una ricca tavolozza che comprende tutte le sfumature di verde, arancio, blu, rosso e giallo intenso delle leccete sui monti dalle sagome arrotondate, giungendo fino alla fascia pedemontana, caratterizzata delle specie termofile come il sommacco, il terebinto, lo scodano, le cui foglie, con i primi freddi, assumono una colorazione rosso-arancio. Ed infine, i colori dei campi coltivati, dalla collina verso il piano, e nelle vigne, dove le viti cambiano il loro colore ed il verde lascia il posto al giallo, all’arancio, al rosso, conferiscono al paesaggio sabino toni particolarmente caldi e suggestivi.

Ma a valle dominano incontrastate le argentee coltivazioni dell’ulivo, protagonista assoluto del territorio, che oltre ad essere il simbolo indiscusso di tutta la Sabina, ha rappresentato per secoli una componente fondamentale della vita delle popolazioni locali e non solo in senso alimentare.

La Sabina, regno degli olivi

La Sabina è infatti sempre stata considerata il regno degli olivi in diverse varietà: frantoio, leccino, carboncella e rosciola, sono le più diffuse. E come non ricordare “l’Ulivone”, maestoso esemplare di Olivastrone che cresce nella tenuta dei fratelli Bertini, a Canneto frazione di Fara in Sabina,

L’Olivone di Canneto Sabino

che tutti idealmente domina e li rappresenta. Non è sicuro, come vuole la leggenda, se a trapiantarlo sia stato proprio il re di Roma Numa Pompilio, ma è assodato che l’albero superi abbondantemente i duemila anni d’età. È la testimonianza vivente della vocazione millenaria della Sabina alla produzione di olio d’oliva che ha origini antichissime, forse già in epoca pre-romana.

Tuttavia gli storici ne attribuiscono il merito soprattutto ai monaci dell’abbazia di Farfa, i quali diedero un notevole impulso alla produzione e diffusione del principe dell’alimentazione mediterranea, fino a divenire nel XVI secolo quell’agricoltura specialistica che dura ancora oggi e che caratterizza il territorio sabino.

Per questo nel 2005, su iniziativa dell’Azienda speciale della Camera di Commercio di Roma, è stato realizzato il progetto di una Strada dell’Olio della Sabina, che coinvolge ben 18 Comuni, le aziende, i ristoranti e gli agriturismi interessati a valorizzare l’inestimabile ricchezza rappresentata da tutto ciò che ruota attorno al mondo degli ulivi.

Il Museo dell’olio a Castelnuovo di Farfa, Poggio Moiano, Poggio San Lorenzo

Punto di partenza non poteva che essere il Museo dell’Olio, allestito nelle sale di un Palazzo del XVI secolo appartenuto alla famiglia Perelli, a Castelnuovo di Farfa. Una vista sarà interessante: non è la solita esposizione di arnesi della civiltà contadina ma una rappresentazione della civiltà dell’olio e dell’olivo, in un unico percorso in cui gli oggetti e luoghi significativi della città e del suo territorio si fondono con i linguaggi artistici contemporanei.

Altre tappe nel cuore della produzione olearia sabina sono Poggio Moiano, con reperti della civiltà romana, e il vicino Poggio San Lorenzo, noto anche come il paese della pietra “corallina” (utilizzata nell’Ottocento per realizzare alcuni monumenti a Roma). Qui si produce un olio particolarmente delicato a causa dell’altitudine media dei terreni (500-600 metri circa). Da

vedere c’è un frantoio del Seicento e persino un torchio di epoca romana. Percorrendo il vasto territorio, l’olivo diventa presto un silenzioso compagno di viaggio. 

Arci di Passo Corese, Torricella in Sabina

Raggiungiamo Arci di Passo Corese, dove è segnalata una delle tante aziende olearie produttrici di olio extravergine Dop, ottenuto da coltivazioni ecocompatibili con concimazione. Più avanti, a circa 30 Km di distanza, si trova il delizioso borgo di Torricella in Sabina, paesino arroccato su un colle intorno a un castello costruito fra il X e l’XI secolo. Un itinerario che racconta l’importanza della coltivazione degli ulivi e le varie tecniche di raccolta delle olive.

Da queste parti la raccolta avviene generalmente tra ottobre inoltrato e novembre. In questo periodo le olive iniziano a maturare e le colline si animano come in nessun’altra stagione dell’anno. È il momento della raccolta. Lungo le strade si vedono passare trattori con agganciati enormi carrelli sui quali sono seduti tutti coloro che partecipano alla raccolta: donne, bambini, ragazzi e anche nonni.

Insieme a loro, trasportano tutti gli attrezzi che servono, dalle scale (molto lunghe), alle canne, ai teloni che vanno stesi a terra e sui quali cadono le olive, le ceste con il cibo per il pranzo e così via. Sarà un lavoro di pazienza: qui le raccolgono ancora manualmente, praticamente una ad una, arrampicandosi sugli alberi o aiutandoci con scalette a trattore. Speriamo che il cielo autunnale conceda tiepide giornate di sole che potranno facilitare la raccolta e rendere il lavoro più piacevole… Li osserviamo appena arrivati nei campi, già di buon mattino, tutti quanti hanno un compito ben definito: c’è chi stira i tendoni al suolo per raccogliere le olive che cadranno dai rami, chi appoggia le scale agli alberi, chi prende le grandi cassette dentro le quali vengono messe le olive appena raccolte e chi con canti e racconti, incita le persone a lavorare di buona lena. Si procede in maniera diretta sui rami più accessibili e facendo cadere quelle più in alto, tramite l’abbacchiatura, dentro su dei sacchi, più recentemente delle reti, adeguatamente predisposta sotto le piante.

Le poche foglie rimaste tra i frutti saranno tolte prima di mettere le olive nelle apposite cassette. I frutti vengono infine deposti dentro sacchi e trasportati al frantoio più vicino. Ma bisogna fare attenzione: gli intervalli eccessivamente lunghi tra la raccolta e la lavorazione delle olive, possono incidere negativamente sull’acidità, che è il principale indicatore della qualità dell’olio.

Sistemate nei magazzini o nelle cantine, nel giro di poche ore, dovranno essere inviate al frantoio, dove inizia il processo di lavorazione. Non può perciò mancare di certo la visita ad uno dei molti frantoi della zona e la degustazione di olio novello.

Visitare un frantoio: “Frantoi Aperti”

Come di consueto, ormai già da alcuni anni, in Sabina si celebra la venuta del nuovo olio extravergine di oliva, con l’evento «Frantoi Aperti» che attrae e porta nella zona migliaia di appassionati gourmet da tutta Italia.

La visita ad un frantoio è un’esperienza interessante e istruttiva, che consente di avvicinare le varie fasi di lavorazione di questo prodotto, dalla defoliazione delle olive al lavaggio, alla frangiatura, alla gramolazione della pasta oleosa, fino alla centrifugazione a freddo e alla separazione dell’olio dalle acque di vegetazione.

Gli esperti addetti alla produzione ci spiegano nel corso della visita le varie fasi della lavorazione, mentre al termine del percorso ci viene proposta una degustazione di olio e un assaggio di vini e prodotti locali.  Il processo gustativo è armonico, in sintonia con l’olfatto e ricco di persistenti fragranze vegetali.

Non sono un esperto, ma posso fare un raffronto: è esattamente lo stesso sapore che sentivo da piccolo, quando portavamo le olive direttamente noi a molare, con mio nonno ancora vivo e forte, e vedevo anche quando usciva il fiotto verde della spremitura. Sì, perché l’olio è verde, non giallo. L’olio vero, buono e naturale, è verde. E picca un po’ sulla punta della lingua, e lascia un sapore carnale nelle guance e nella gola. Siamo già nel pieno periodo di produzione e l’oleificio è affollato di gente che viene a macinare e comprare l’olio.  C’è un gran camino acceso in un angolo dove alcune persone, forse contadini e proprietari della zona, stanno discutendo certamente sull’annata agricola, della resa dell’olio di quest’anno. E’ andata bene: circa 10 chili di olio per ogni quintale di olive.

Guardandomi intorno, posso notare chiaramente nei volti di chi sta uscendo dal frantoio, recando le lattine con l’olio nuovo, un’aria contenta e soddisfatta. Già … che soddisfazione, dopo tanto lavoro, entrare con le proprie olive, ed uscire un paio di ore dopo col proprio olio nuovo, fruttato e un po’ piccante. Provo ad immaginare una volta tornati a casa. Ci si ritroverà intorno al fuoco per assaporare il frutto del raccolto.

Tagliare il pane a fette, il pane, quello buono! sistemarsi tutti intorno alla graticola con i bicchieri di buon vino ed appena il pane sarà bruscato, condire con olio novello, sale e … godersi la compagnia dell’allegria e del calore familiare accanto al fuoco …  e mi sembra di rivivere, almeno per un attimo, gesti quotidiani dal sapore antico, che fanno riscoprire in modo autentico la semplicità della vita di campagna, perché è la semplicità svelarci la vera essenza delle cose. Qui in Sabina si continua a portare avanti una tradizione fatta di amore per la terra e per un prodotto sano e genuino.

Roberto Tomassini
Roberto Tomassini

Roberto Tomassini è un grande appassionato di storia e autore di libri sulla città di Mentana

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