
Vi ricordate quando il Trenino a Vapore della Tram Way detta la Belga correva sul lato Destro della Tiburtina da Roma S.Lorenzo a Tivoli Centro, entrava nelle Terme e lasciava qui i bagnanti? Probabilmente no, perché stiamo parlando di due secoli fa!
Il Trenino entrava dalla Tiburtina dove ora esiste il parcheggio del Hotel Victoria e usciva dai cancelloni, che sono ancora oggi alla fontana centrale.

La linea fu smantellata nel 1932. Tracce se ne vedono ancora oggi a Villa Adriana. La linea passava sopra ponte Lucano proseguiva per gli attuali giardinetti di Villa Adriana e l’attuale strada rettilinea, che da ponte Lucano arriva ai giardini: era la vecchia sede del treno.
La casa che è nei giardinetti era una delle stazioni, e a destra dei giardini vicino Ristorante Villa Esedra c’è via del TramWay, la sede della ferrovia che saliva a Tivoli.
Altra stazione ancora visibile è la casa verde attualmente abitata, sulla Tiburtina, a sinistra, andando a Roma, dove c’è attuale strettoia con scavi e ruderi Romani e della ex chiesa S.Sinforosa.

TEMPO D’ESTATE IN TEMPI DIVERSI
“ll sole batte spietatamente sul selciato della città, e lo scirocco prostra animi e corpi, non c’è quasi altro scampo che o di accorrere agli stabilimenti primitivi che sorgono a Ponte Mollo e a Castel Sant’Angelo, ed immergersi nelle acque bionde del Tevere; ovvero, se si ha tempo, correre sino a Civitavecchia od a Palo, a tuffarsi nell’onda azzurra del mare.
E le Acque Albule? Ah! è vero; ma anche per andarci bisogna percorrere tra andata e ritorno una quarantina di chilometri, e digerirsi Dio sa quanti chilogrammi di polvere e, di forno. Eppure con tutto questo le Acque Albule, le antiche acque sanctissime dei Romani, sono le più vicine a Roma, e bisogna salutarle come una grazia di Dio.
Naturalmente bisogna andarci di mattino. ..//.. Per arrivare alla stazione della tranvia a vapore, fuori porta San Lorenzo, si inghiottisce un subisso di polveri. ..//.. La tranvia passa davanti all’antica basilica di San Lorenzo, saluta le zolle fumose di Campo Verano, e per la via Tiburtina s’inoltra nel deserto immenso, triste e solenne della campagna romana. Eccoli qui gli antichi campi ubertosi del Lazio.
Una campagna triste, uniformemente ondulata, ove si sente l’alito della febbre errare tra i giunchi e i pruneti. Una pianura incolta, ove i rossi papaveri spiccano tra le odorose ginestre; di quando in quando qualche capanna lurida, cadente, qualche rudere di un sepolcro o di una villa romana, uno scampolo di campicello lavorato, ridente ma solitaria oasi nel deserto sconfinato; branchi di buoi che sollevano dietro gli sterpi le corna immani; qualche rigagnolo melmoso che si perde tra i giuncheti; qualche gruppo di contadini che falciano le messi sotto la sferza del sole di luglio, e che salutano con alte grida il passaggio della tranvia ; dovunque un’aria calda, afosa, opprimente, un odore di malaria ; soltanto laggiù in fondo, ridente corona al malinconico quadro, la cerchia pittoresca dei monti Albani e dei monti Sabini. In mezzo a questo deserto sorge da poco più di un anno lo stabilimento delle Acque Albule.
Il fischio della vaporiera ci avverte che siamo arrivati; ma prima ancora del fischio ce ne avverte l’odore acre, penetrante di uova fradice che emana dalle acque sulfuree. La tranvia ci conduce proprio nell’interno dello stabilimento. Lo stabilimento è nuovo, e perciò bello, comodo, discretamente elegante; ha le sue sale d’aspetto, il suo caffè ristorante, la chiesuola, la farmacia, i suoi giardini. Dentro lo stabilimento è un vero diavolio d’acqua. Canali, canaletti, vasche grandi, piccole, laghetti, cascate, grotte forniate di depositi calcari, in cui l’acqua irrompe violentemente sollevando una nebbia sottilissima. L’acqua ha il colore dell’opale, un bianco azzurrognolo come di acqua saponata. La temperatura si mantiene costantemente d’estate come d’inverno a ventitré centigradi.
Il proprietario dello stabilimento assicura che le Acque Albule sono una vera piscina probatica, una panacea universale che guarisce tutti i mali del mondo. Perché allora – gli ho chiesto io – non si è pensato a costruire nello stabilimento degli appartamenti per chi volesse dimorarvi qualche po’ di tempo? Perché? Mi rispose lui: “Per lo stesso motivo per cui la campagna qui attorno è tutta un deserto. C’è la malaria qui, e nessuno si avventurerebbe a passarci la notte”
In foto: arrivo del tramvay all’interno delle terme; scorcio del nuovo stabilimento con canale e viali alberati”.
Fonte: da un articolo del quotidiano “La Stampa” datato 9 luglio 1881.
Commenta per primo