
Nell’autunno del 1943 una guarnigione tedesca era di stanza al chilometro 17.500 della Via Nomentana. Pochi mesi prima alcuni soldati inglesi, fuggiti da un campo di prigionia sulla Salaria, si erano nascosti in località Conca (l’attuale Via Quarto di Conca a Fonte Nuova) e alcuni cittadini di Tor Lupara e Mentana li soccorsero offrendo loro cibo e riparo nelle campagne dei dintorni.
I tedeschi, probabilmente informati da qualche delatore, iniziarono il rastrellamento il 27 ottobre, uccisero quattro prigionieri di origine sudafricana, poi si misero alla ricerca dei soldati inglesi.

Perlustrando le campagne, i tedeschi aprirono fuoco sui civili e uccisero i mentanesi Aurelio Moretti, detto Gismondo (1909), Luigi Guidarelli, detto Gigetto (1921), Agostino Piergotti, detto Righetto (1879), il figlio Massimo di soli 15 anni e i torluparesi Antonio Volpe (1913) e Cesare Di Vincenzo (1913).
Nello stesso giorno, i tedeschi effettuarono un rastrellamento a Mentana, casa per casa, e catturarono trecento uomini. Li fecero marciare a piedi fino a Casal dei Pazzi, quartiere romano, puntarono loro le mitragliatrici contro e li minacciarono di morte diffidandoli dall’offrire in futuro ospitalità agli alleati, pena la morte. Poi li lasciarono andare.
Nel libro “Tor Lupara. Il tesoro nascosto”, di Michele Dell’Orso e Daniela De Luca, sono raccolte numerose testimonianze sull’accaduto, in particolare quella di Carlo Di Vincenzo, figlio di Cesare, che aveva appena otto anni all’epoca dei fatti, e della moglie di Antonio Volpe.

Così racconto Carlo: “Io avevo otto anni e stavo pascolando il gregge di pecore sopra la fonte della Conca, insieme ai miei zii Filippo e Mario, papà stava facendo lo ‘scassato’, con lui c’erano Agostino e Massimo. Videro arrivare i tedeschi, allora si misero a correre per nascondersi, ma non fecero in tempo, successe tutto in un attimo, furono colpiti dalle pallottole. Noi rimanemmo nascosti dentro la macchia fino alle quattro del pomeriggio. Quando tornammo a casa, vidi tante persone che parlavano con mio nonno, ci incamminammo tutti verso la Conca e lì sotto vedemmo dei corpi distesi a terra. Mio padre era a faccia in giù e non lo vedevo nel volto, non lo riconobbi. Dopo, invece, lo vidi bene”.
Maria, moglie di Antonio Volpe, racconta poi: “I tedeschi prima spararono ai soldati inglesi, poi si misero all’inseguimento di mio marito che fu colpito da undici scariche di mitraglia, l’ultima pallottola ce l’aveva conficcata sopra un occhio. Una volta morto, si accanirono su di lui fracassandogli la testa in tre parti con il calcio del fucile, rimasero per terra i denti sparsi. Io avevo Rolando di due anni ed ero incinta di otto mesi. Mi portai a casa il corpo di Antonio, lo tenni qui sopra il letto di casa cinque giorni e quattro notti nel mio letto, scannato come un animale, ed io accanto a lui”.
Quest’anno finalmente, dopo 79 anni, grazie al lavoro di Daniela De Luca, ex insegnante e cittadina in pectore di Tor Lupara, e della consigliera Eleonora Panzardi,
verrà posizionata una stele in memoria di Cesare Di Vincenzo ed Antonio Volpe, proprio sulla Torre a Fonte Nuova (in Via della Torre), dove c’è già il ricordo dei bambini morti in seguito all’esplosione di un ordigno bellico.
Prosegue….
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