
Il nostro territorio nomentano e sabino è ricco di cultura, ma questa da sola non basta: sono le persone a poterla e doverla valorizzare. Ed è ciò che ha fatto Stefano Tallini, giovane musicista di Mentana e residente a Monterotondo, che ha scelto la musica come arte per ideare e produrre. Stefano ha da poco vinto il primo premio agli Apulia Soundtrack Awards (luglio 2022) e oggi è direttore di una scuola di Musica.
Ho voluto fargli qualche domanda, anche per capire come la “terra di origine” ha influenzato e formato i suoi interessi.
Ciao Stefano, so che sei un ottimo musicista e che hai legami con il nostro territorio. Puoi dirci qualcosa a riguardo?
Ciao Sara! Innanzitutto ringrazio e colgo l’occasione per esprimermi. Sono Stefano Tallini, vivo a Monterotondo ma sono cresciuto a Mentana. Fare il musicista di professione per me vuol dire svolgere tanti lavori diversi all’interno dello stesso settore, ed è un aspetto che rende questo lavoro estremamente dinamico e interessante, anche se ovviamente non assicura la costanza e la tranquillità di un impiego fisso e bisogna darsi costantemente da fare per rinnovare il lavoro, ma per come sono fatto io la cosa non mi dispiace affatto.
Sono un insegnante di chitarra, dirigo la scuola di musica Omnia, scrivo musica per cortometraggi, lavori teatrali, pubblicità, anche se sogno di lavorare nel cinema, mia grande passione parallela alla musica da tanti anni; inoltre registro le basi musicali per libri di musica per le scuole primarie e ogni tanto tengo concerti, anche se ultimamente mi capita molto di rado.
Rivelaci qualcosa sul tuo rapporto con il nostro territorio: ad esempio, se ti ha ispirato in qualche modo o ti ha condotto anche in minima parte a realizzare la tua passione.

Sono nato a Roma ma ho sempre vissuto a Mentana, pur frequentando le scuole a Monterotondo: è qui che mi sono fatto tutte le amicizie più importanti e proprio con questi stessi amici ho iniziato a suonare: da qui lo stimolo a iniziare a studiare la chitarra, quando ancora non sospettavo minimamente che questo sarebbe diventato il mio lavoro.
Il territorio mi ha dato molto in quegli anni di formazione, si organizzavano diversi concerti durante l’anno, ho partecipato molte volte con le mie band al festival Monterocktondo di Monterotondo, che mi ha dato la possibilità di confrontarmi con altri ragazzi della mia età, prendere ispirazione, creare una rete di contatti musicali, un aspetto molto importante e stimolante. Credo che questo sia il punto di forza del territorio: dare la possibilità alle persone di incontrarsi, confrontarsi e avviare progetti in una dimensione più piccola, a misura d’uomo.
Mi sembra però estremamente riduttivo, oggi, limitarsi a questo come obiettivo: il territorio dovrebbe essere una base di partenza, un luogo in cui fare i primi passi, ma poi bisogna guardare oltre. Internet e il mondo globalizzato presentano indubbiamente molti aspetti problematici, ma anche molti vantaggi in questo senso e credo sia giusto e importante approfittarne. Ci sarebbe moltissimo da dire a riguardo, ma credo servirebbe un’intervista a parte solo su questo!
Condivido questo pensiero! Qual è la tua più grande soddisfazione nel tuo percorso professionale?
Ne vorrei citare due, particolarmente emozionanti. La prima è stato il momento dell’apertura del sipario di un teatro: andava in scena Otello, riadattato dalla compagnia di Monterotondo Lo Spazio Vuoto e mi chiesero di scrivere le musiche per quello spettacolo. Era il mio primo lavoro pubblico come compositore, fu impegnativo ma piacevole e stimolante e quando si aprì il sipario, partì la mia musica e con essa il movimento degli attori in scena, davanti ad un teatro pieno, sentii una grandissima emozione: in quel momento mi resi conto che nessun concerto come chitarrista mi aveva finora dato una gioia simile e decisi che mi sarei dedicato principalmente alla musica per immagini.
Un’altra grande soddisfazione l’ho avuta quest’anno, quando ho vinto il primo premio nell’Apulia Soundtrack Awards, un festival internazionale di musica per film che si è tenuto in Puglia (luglio 2022).
Io e altri nove finalisti selezionati ci siamo incontrati a Carovigno, vicino Ostuni, dove abbiamo trascorso tre giorni insieme seguendo masterclass e concerti inerenti al mondo delle colonne sonore. Tutto organizzato a livello territoriale (una realtà anche più piccola di quelle di Mentana, Monterotondo e Fonte Nuova): un territorio che, come dicevo poco fa, è partito dalle persone che lo abitano, ma ha avuto il coraggio di guardare oltre e promuovere un festival internazionale, richiamando compositori da tutto il mondo grazie alle risorse offerte da internet.
Per me è stata un’esperienza estremamente stimolante, fra i finalisti c’erano compositori emergenti come me, ma anche altri di un certo livello, molto più esperti: venivano da New York, Seul, Londra, Valencia, Sofia. Non mi aspettavo una partecipazione così ampia né un livello così alto e mai avrei pensato di poter vincere, invece… è stata una bellissima esperienza e una grande soddisfazione vincere il mio primo premio come compositore di musica da film.
Il settore della musica in Italia. Secondo il report IFPI, il mercato discografico mondiale è cresciuto nel 2021 a 25,9 miliardi di dollari (+18,5%). L’Italia cresce del 27,8% e torna nella Top Ten dei mercati più rilevanti.
Cosa ne pensi?
La questione è estremamente vasta e complessa. Se parliamo di musica che viene prodotta oggi in Italia allora mi pare che ci siano tanti artisti di qualità insieme a tanti altri più scadenti. Ma questo secondo me è vero in ogni epoca e in ogni Paese. In Italia oggi abbiamo artisti di grande talento in ogni genere: mi vengono in mente Niccolò Fabi, i Verdena, i Calibro 35, Roberto Angelini, Iosonouncane. Sono cantautori, gruppi rock, artisti di musica elettronica, ce n’è per tutti i gusti.
La musica di qualità esiste e non è poca, basta cercarla. Se uno pensa alla musica in Italia oggi vengono in mente solo i Maneskin, o la trap ed è un peccato, ma è un problema mediatico, non musicale: basta fare qualche ricerca in più su Youtube o Spotify e si troveranno tonnellate di ottima musica di cui non si parla mai, ma che esiste ed è lì, in attesa di essere ascoltata. Insisto quindi sulle potenzialità di internet: è uno strumento che dà enormi possibilità a chi ha un desiderio autentico di approfondire e conoscere.
L’educazione musicale in Italia comprende interventi negli ordinamenti didattici delle scuole dell’infanzia, dell’istruzione primaria e secondaria e del sistema dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica e, per alcuni aspetti, dell’università.
In qualità di direttore di una scuola di musica, qual è il tuo punto di vista?
Sono meno positivo purtroppo per quel che riguarda l’insegnamento della musica in Italia, fondamentale per poter sperare di avere una prossima generazione competente e appassionata. Nelle scuole primarie e secondarie spesso sono le insegnanti di matematica o di italiano a tenere dei corsi di musica: questo approccio presenta ovviamente dei limiti a livello formativo, ma soprattutto fa un grave danno culturale, perché alimenta l’idea che la musica non sia una cosa da prendere seriamente in considerazione. Io non mi sognerei mai di tenere un corso di chimica a scuola, perché un insegnante di matematica dovrebbe tenere un corso di musica?
Nei ragazzi passa l’idea che la musica la può fare chiunque, rappresenta il momento di svago: e da un certo punto di vista lo è, sicuramente rappresenta un’attività che può essere coinvolgente e stimolante. Ma nessuno parla del suo potere di nutrire l’anima o della sua possibilità di essere un filo conduttore con altre materie: perché non spiegare Napoleone in storia passando per l’ascolto di Beethoven, che scrisse molta musica ispirato dalla grandezza del condottiero francese, (prima di rimanerne deluso)? Perché non spiegare le frazioni in matematica parlando dei tempi musicali, magari ascoltando la musica dei Beatles e dei gruppi progressive degli anni ’70, grandi sperimentatori in questi aspetti ritmici della musica? Ovviamente percorsi del genere hanno bisogno di docenti esperti e collaborativi per poter essere realizzati, non di insegnanti di musica improvvisati.

Altro grande problema secondo me è rappresentato dagli stessi insegnanti di musica, non solo nella scuola pubblica ma anche dagli insegnanti privati: spesso dividono il mondo musicale in musica di qualità e musica spazzatura, che non vale nemmeno la pena di ascoltare. Se si va a vedere quale sia questa musica di qualità secondo loro, quasi sempre si tratta di grandi artisti del passato: Pink Floyd, Beatles, Led Zeppelin, Stewie Wonder, o gli italiani Battisti e PFM. Sono grandissimi artisti, è vero, ma non si può passare alle nuove generazioni di musicisti l’idea che dopo gli anni ’70 non si sia più scritto nulla di buono. In primo luogo perché non è assolutamente vero, ma soprattutto perché i musicisti di domani devono poter pensare che possono dare un contributo a qualcosa di vivo, di attivo, che può ancora prendere tante nuove direzioni. Altrimenti la musica farà la fine del latino, considerata quasi da tutti una lingua morta e che, quindi, non ha alcun senso studiare e approfondire. Una prospettiva molto triste.
Ma quel che mi rattrista di più è vedere che questo rischio viene dagli stessi musicisti, che evidentemente non si rendono conto della questione e alimentano un circolo vizioso. Naturalmente
non parlo per tutti i musicisti, ne conosco personalmente tanti che hanno una visione più ampia e consapevole.
C’è da dire infine che la tendenza ad adagiarsi sui miti del passato è una caratteristica tutta italiana, diffusa non solo nella musica: quando si parla di cinema italiano non si fa che citare e lodare i grandi maestri, Fellini, Visconti, Antonioni, il neorealismo. Sono importantissimi modelli, che vanno tenuti in considerazione come meritano, ma credo sia giusto anche andare oltre, affiancarli a personaggi più recenti e attuali, proprio per avere una prospettiva futura più interessante e viva.
L’Italia è un paese con un passato culturale immenso in ogni ambito, questo è risaputo. La sfida è quella di imparare a considerare questa eredità come una solidissima base su cui costruire un futuro, non come una pesante zavorra che rischia di affondare ogni slancio, ogni spirito di iniziativa. Una sfida che si può vincere solo con un’istruzione adeguata, consapevole e capace di dare un punto di vista più ampio possibile.
Quali progetti hai per il futuro?
Sto investendo molte energie nella musica da film: è quel che mi appassiona di più e voglio che sia una parte importante della mia vita. Ho appena finito di scrivere le musiche per due cortometraggi che usciranno nei prossimi mesi e spero avranno una buona distribuzione e un buon riscontro, quantomeno a livello nazionale. Nel frattempo sto ampliando la mia rete di contatti, cercando di conoscere registi da tutto il mondo: la trovo una sfida stimolante, mi piacerebbe molto poter lavorare come compositore nel cinema europeo o in quello asiatico, che usano linguaggi che sento molto affini, molto più di quello hollywoodiano.
Per il resto, punto sulla scuola di musica che gestisco, Omnia: spero di poter ampliare l’offerta formativa e soprattutto di poter iniziare ad organizzare eventi sul territorio, non solo concerti ma eventi culturali di più ampio respiro possibile.
Ho scelto il nome “Omnia” proprio perché mi piace l’idea che una scuola di musica possa essere non solo un luogo adibito alle lezioni di strumento, ma anche un luogo di scambio, di confronto e interazione con altre arti, un luogo omnicomprensivo delle tante possibili idee di bellezza e cultura. Ci vorrà del tempo per costruire un progetto simile, e soprattutto la collaborazione di molte parti, ma ci credo fermamente. Chi mi conosce sa che sono una persona estremamente paziente, spero che mi aiuterà a mantenere salda questa idea!
Grazie mille Stefano per il tempo che ci hai dedicato, ti auguriamo di realizzare i tuoi sogni e di fare tanta strada.

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