Palazzo Conti a Poli: l’androne affrescato analizzato per la prima volta

palazzo conti poli androne

Palazzo Conti a Poli, in provincia di Roma, tra Palestrina e Tivoli, è uno dei palazzi storici più importanti del Lazio.
L’androne, a differenza dell’interno del palazzo, di cui abbiamo parlato nel precedente articolo, è stato sempre meno studiato.
Alessia Poggi, nella sua tesi di Laurea (2019), avanza le prime ipotesi sui soggetti rappresentati.


Il Palazzo Conti a Poli vede varie fasi di  costruzione.
Nasce infatti come rocca medievale della famiglia degli Oddoni nel X-XI secolo. Tra il XII e il  XIII secolo venne ultimata la parte a levante e poi completamente ristrutturato per volere del condottiero Torquato I  Conti nel XVI secolo.
Così, da rocca divenne ufficialmente un palazzo baronale.
Dunque è questo il periodo che ci interessa: siamo tra la fine del ‘500 e inizi ‘600 quando gli affreschi vengono commissionati.

L’ANDRONE di Palazzo Conti: una rarità finora trascurata

Palazzo Conti : il piano nobile con affreschi della scuola… | Flickr
Palazzo Conti a Poli (RM)- Androne

L’androne di Palazzo Poli è il diaframma che collega il palazzo al cortile: un corpo costituito da tre campate.
I grandi locali a destra ospitavano la caserma, come il primo locale a sinistra, che oggi sono rispettivamente sedi di un asilo e un ambulatorio.
Infatti Palazzo Conti è oggi in parte sede del Comune e di proprietà privata.
Questo è uno dei motivi per cui gli affreschi, in cattivo stato di conservazione, essendo la parte esterna e quindi maggiormente esposta ai fattori climatici, sono stati finora poco studiati.

E perché siamo qui a parlarne dunque?
In occasione della Tesi di Laurea (2019) di Alessia Poggi, qualcosa si è mosso perché sono stati indagati i soggetti rappresentati.
Questa tipologia di decorazione, con bordature rosse, grottesche, figure mitologiche stemmi ed emblemi, si rivela piuttosto rara. Ricorre infatti in poche dimore del Lazio e nelle Marche; è in voga dai primi del Seicento grazie al singolo caso della Bottega del Cavalier d’Arpino…che infatti lavora nel palazzo!
La Poggi ha avanzato l’ipotesi di un periodo immediatamente precedente (fine ‘500) e in mancanza di fonti certe, non possiamo escluderlo.
Inoltre, il suo studio iconografico (sulle immagini rappresentate) è il primo ed unico finora fatto.

Lo studio iconografico dell’androne di Palazzo Conti

Gli affreschi dell’androne, sono stati commissionati da Lotario II Conti, figlio di Torquato I Conti, intorno al 1598 (data discussa).
Vennero eseguiti probabilmente dalla Bottega del Cavalier d’Arpino, collaboratore del Cavalier d’Arpino.

Il primo affresco che ci troviamo sul soffitto, tra il portone di ingresso e l’androne, è lo stemma della famiglia Conti con l’aquila nera su uno sfondo rosso, racchiusa in un ovale. Agli angoli quattro piccoli riquadri con due monumenti molto simili e i doni di Rodolfo II d’Asburgo per Lotario II Conti. I due monumenti hanno una notevole somiglianza, per alcuni dettagli, a Castel Sant’Angelo.
Perché Castel Sant’Angelo? Forse perché Lotario II viene mandato in missione dal Papa (Clemente VIII, per mettere in guardia Rodolfo II d’Asburgo sulle pressioni dei Turchi ottomani che minacciavano l’Europa). Ritroveremo infatti Castel Sant’Angelo altre volte nell’androne.

Prima campata

Nella prima campata, troviamo una volta a crociera dipinta a grottesche con al centro l’aquila Conti a bassorilievo con intorno un festone di fiori e frutti circolare che poi si dirama fino ai quattro angoli della volta, separando così le quattro vele su ciascuna delle
quali appaiono un emblema e un riquadro.
Partiamo dall’alto: dalle grottesche intorno al riquadro con Giove e Ganimede. Al di sotto di Castel Sant’Angelo due centauri di
sesso femminile o sfingi che sembrano sorreggerlo.

In basso, ai lati, due creature marine alate e vicino ad esse dei tamburi (forse da guerra) con delle armi, appesi ad un filo. Ancor
più in basso, sempre ai lati, due satiri ed intorno ad essi insetti e piccoli uccelli. Sotto al riquadro una tenda azzurra e di nuovo due creature marine alate.

Al lato opposto, dove vi è il riquadro con paesaggio marino, troviamo di nuovo i centauri femminili che sorreggono l’emblema dell’orsa maggiore, e ai lati di nuovo le creature marine alate. Gli elementi che cambiano sono gli oggetti appesi al filo, questa volta delle armature con elmo e scudo mentre al posto dei satiri troviamo delle ninfe o nereidi.

La rappresentazione di un orso bruno con sette stelle sul corpo, è molto probabilmente la costellazione dell’Orsa Maggiore.
Ci sono due miti in particolare legati a questa figura, il primo mito è quello di Callisto, una delle ninfe più belle e più agili nella caccia che hanno giurato fedeltà ad Artemide. Queste avevano il dovere di rimanere vergini come la dea che servivano.
Callisto si innamorò Giove che per riuscire a “possederla” prese le sembianze della stessa dea Artemide. La ninfa così cadde nella trappola del dio e rimase incinta. Successivamente la dea Artemide e le altre ninfe scoprirono lo stato della donna. Per punirla della sua disobbedienza Artemide la trasformò in un’orsa.

Il secondo mito legato all’Orsa Maggiore è quello di Elice la ninfa cretese che insieme alla sua compagna
Cinosura allattarono Giove e lo protessero da Crono che voleva divorare lui e i suoi altri figli.

In conclusione, possiamo ricavare che entrambi i miti siano legati alla figura di Giove. Tutto potrebbe anche ricondurci alla famiglia degli Orsini imparentata con i Conti. Al di sopra del riquadro andato perduto vi è la figura di un leone con una corona. Questo emblema potrebbe risalire a Rodolfo II d’Asburgo. Il leone infatti si trovava nello stemma della famiglia degli Asburgo e la piccola corona potrebbe ricondurre a quella del sovrano del Sacro Romano Impero.

Nel riquadro in alto troviamo su uno sfondo campestre una grande aquila con sul dorso un giovane personaggio.
Si tratta infatti del momento in cui Giove sotto forma di aquila rapisce il bellissimo Ganimede per portarlo sull’Olimpo e farlo coppiere degli dei. Oltretutto questo è uno dei pochi esempi di amore omosessuale tra un dio e un mortale.
Nell’affresco a Palazzo Conti Ganimede appare seduto sull’aquila e non aggrappato e il fatto che sia Ganimede a cavalcare il rapace e non ad essere catturato ha un significato ben preciso, esprime infatti l’attiva partecipazione del giovane a suo destino.

Chiudiamo il discorso su l’affresco di Giove e Ganimede a Palazzo Conti a Poli dicendo che la tradizione iconografica segue il prototipo del giovane in groppa a Giove e non mentre viene afferrato dal dio sotto forma di aquila; questa precisa scelta iconografica indica la completa resa di Ganimede al suo destino senza opporre alcuna resistenza. Il fatto che la scena sia ambientata al tramonto forse indica la “fine” per il giovane del suo essere un mortale e l’inizio della sua ascesa tra gli
dei e quindi l’immortalità.

Gli altri due riquadri visibili rappresentano due immagini più enigmatiche. Uno di essi raffigura un angelo o puttino alato che indica il globo terrestre e tiene in mano una torcia accesa. il globo sulla destra ha intorno a sé un alone rossiccio che spicca tra l’azzurro del cielo. Quest’alone potrebbe raffigurare la cosiddetta sfera del fuoco: era stata introdotta dai filosofi greci, in particolar modo nella concezione dell’universo aristotelico.

Il terzo dei riquadri oggi visibili raffigura un paesaggio marino con una costa rocciosa; si riconosce una barca sulla sinistra con una figura che è in procinto di tuffarsi e a destra una creatura marina con le fauci spalancate. Gli episodi che più si potrebbero
avvicinare a questa raffigurazione sono quello del profeta Giona e quello del musicista Arione.
Il mito di Arione e l’episodio di Giona sono strettamente collegati, i due episodi risultano infatti molto simili per la presenza di alcuni dettagli come la creatura marina. La Poggi sostiene che si tratta con più probabilità di Giona.

Il quarto e ultimo riquadro come abbiamo è andato perduto recentemente, tuttavia buona parte dei frammenti è stata recuperata ed è conservata presso la Biblioteca.

Questa scena potrebbe rappresentare un episodio contenuto nella Gerusalemme liberata di Torquato Tasso: la principessa Erminia che travestitasi dalla guerriera Clorinda, soccorre Tancredi ferito insieme al fedele scudiero Vafrino.

Seconda campata

Nella seconda campata, un’altra volta affrescata con grottesche al centro della quale troviamo lo stemma Conti in alto a sinistra e gli stemmi di altre famiglie romane imparentate.
A destra della volta vediamo una lunetta con un paesaggio pianeggiante; vi è un corso d’acqua in lontananza sulla destra e al centro un personaggio con ai piedi delle ali, bendato e con una cornucopia, sotto ai piedi l’iscrizione bona fortune (sic). La figura rappresenta sicuramente l’allegoria della fortuna, sia per l’elemento della benda, della cornucopia e naturalmente per l’iscrizione ma le ali ai piedi non caratterizzano l’iconografia tipica di questa figura. Si tratta infatti di due figure che si sono fuse nei secoli, il Tempo come Kairos e la Fortuna.

In seguito, un arco con agli angoli due riquadri con due figure femminili, quella a destra in armatura e con accanto a sé quattro
piccole figure, nel lato opposto una donna con una lunga veste che ha vicino a sé un forziere (forse alata).
Gli studi fatti finora su questi affreschi parlano di una rappresentazione del variare delle stagioni. Questa potrebbe essere una delle ipotesi. Un’altra ipotesi le vedrebbe rappresentare quattro allegorie diverse, tra cui ad esempio la Fortezza.

L’immagine dall’altro lato ha di nuovo come sfondo degli alberi e dei pascoli con al centro una donna, questa volta da sola. Ha una lunga veste color rosa con manto arancione e maniche e cinta al fianco bianche, con la mano sinistra indica verso l’alto, con la destra un forziere o baule con all’interno delle ricchezze; ha il piede destro appoggiato sopra il baule. Secondo la Poggi potrebbe essere l’allegoria dell’Umiltà e dunque rappresentare un’allegoria distinta dalle altre tre. Il fatto che abbia alla sua sinistra un baule pieno di ricchezze e che metta su di esso il piede, quindi come se lo calpestasse, potrebbe indicare un disprezzo verso le ricchezze terrene. Una delle allegorie che calpesta una corona (simbolo di ricchezza) è appunto quella dell’Umiltà.

Terza campata

Nella terza ed ultima campata, sempre decorata a grottesche, un arco con al centro lo stemma Conti affrescato e agli angoli di nuovo due riquadri con figure femminili. Quella a destra con una veste leggiadra, bendata e con un falcetto percuote un albero, nell’altro lato una figura con una cornucopia e con una corona di fiori o spighe che guarda il cielo.

Analizziamo per primo il riquadro a destra:
in un paesaggio con in primo piano un grande albero vi è una donna con una veste leggera che sembra che si muova a
causa del vento e ha uno dei due seni scoperti. Si possono intravedere due particolari curiosi, una benda che le copre gli occhi e una falcetta nella mano destra che sembra stia usando per tagliare un ramo dell’albero o per muovere qualcosa. La falce o
falcetta caratterizza di solito Cerere, la dea romana, ed essa è anche la dea della stagione estiva. La Poggi la riconduce in un primo momento alla rappresentazione dell’Estate. La benda però è un particolare che difficilmente potrebbe caratterizzare l’iconografia di Cerere. L’ipotesi migliore è quindi quella di una dea Fortuna.

Il riquadro di sinistra: protagonista è il paesaggio ancora una volta. In primo piano una figura femminile che dà l’idea che stia
camminando e quindi in movimento. La donna ha una veste bianca che la copre quasi totalmente e un mantello rosso/arancione, il suo viso sembra rivolto al cielo e porta con sé una cornucopia con fiori e frutti e una corona di spighe o di fiori.
Potrebbe essere l’allegoria dell’Abbondanza.


Ringrazio Alessia Poggi per l’enorme contributo (rimando alla suo lavoro per approfondimento) oltre che il professore Gabriele Quaranta, relatore della tesi:

Palazzo Conti a Poli: gli affreschi dell’androne. Lettura iconografica e iconologica (2019)

Conoscevi già Palazzo Conti a Poli? Sapevi dei soggetti rappresentati nell’Androne? Fammelo sapere nei commenti!

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