

A Vicovaro, sui monti Lucretili, in provincia di Roma si è svolta la mostra “Pane: cibo per l’anima”, una collezione di 18 opere di “pane d’artista”. La rassegna, a cura di Lucrezia Rubini, è stata accolta nell’ambito della IV edizione dell’Expo Vicovaro- Enogastronomia, Arte, Artigianato, presso il Complesso conventuale di San Cosimato. Il Patrocinio è della Città di Vicovaro, l’organizzazione e il progetto dell’associazione culturale “La cera di Dedalo”. Nell’ambito dell’inaugurazione la performance degli artisti Vitaldo Conte e Laura Baldieri hanno coinvolto il pubblico condividendo un pane-rosa, recitando brani di poesie e citazioni sul pane di grandi personaggi della letteratura, che così ha commentato la curatrice della mostra: “La performance di Vitaldo Conte e Laura Baldieri, dal titolo ‘Pane come don/azione d’amore’, nell’ambito della mostra ‘Pane, cibo per l’anima’, ha armoniosamente aperto un orizzonte inedito, coinvolgente e di condivisione, nell’ambito delle tematiche trattate dagli altri 18 artisti presenti in mostra. Dalla ‘comunione’, dalla consumazione, dalla introiezione nel corpo stesso, dalla materia primordiale Pane, l’azione performativa è assurta a simbolo, spiritualità, religiosità, consustanzazione, condivisione com-partecipata e, di nuovo, comunione.
Gli artisti partecipanti sono: Vittoria Baldieri, Ada Bomba, Emanuela Corbellini, Anna De Angelis, Vittorio Fava, Francesco Filincieri Santinelli, Giuseppe Fucsia, Antonio Gentile, Giuliana Iannotti, Patrizio Marafini, Mariarosaria Moscano, Patrizia Papini, Salvatore Pepe, M.E.Sonja Peter, Massimo Pompeo, Antonio Proietti Mattia, Letizia Rigucci, Elena Sevi. Tutti gli artisti già fanno parte della collezione di Lucrezia Rubini, presso la Fondazione Magni-Mirisola di Velletri (RM).

Alla manifestazione vi è stato interesse e coinvolgimento da parte dei cittadini di Vicovaro e di “forestieri” provenienti dai paesi limitrofi della Valle dell’Aniene e da Roma. La curatrice ha espresso, tra l’altro, l’importanza di portare l’arte in mezzo alla gente, non più in luoghi frequentati solo da addetti ai lavori, affinché si diffonda la consapevolezza che la fruizione dell’opera d’arte sia parte della consapevolezza del diritto alla felicità che ogni cittadino deve perseguire e ogni politico deve promuovere.
Dal catalogo:
Pane: quando pronunciamo questa parola, le immagini, che immediatamente ci appaiono, cambiano a seconda della generazione di appartenenza, e più andiamo indietro nel tempo, più questo cibo si colora diversamente del colore affettivo di ricordi ad esso legati. Così, quelli della generazione che hanno vissuto la Seconda Guerra Mondiale, ricordano un pane integrale nero, mangiato per sfamarsi, privo di companatico, eventualmente con un filo d’olio. Quelli della mia generazione ricordano ancora la merenda con una fetta di pane spalmata di Nutella.
I giovani ormai vedono la classica “pagnotta di pane” come uno solo dei possibili modi di ingerire “carboidrati”. Il pane adesso può essere costituito da crackers, grissini, pancarrè, pizzette, o infine panini sigillati dalla plastica, con i conservanti, e prodotti industrialmente. I modi di dire legati alla pagnotta, dal “guadagnarsi la pagnotta” a quello romanesco “avoja a magnà pagnotte” sono praticamente in disuso. Specialmente il guadagnarsi la pagnotta viene evitato perché profila il terribile fantasma della disoccupazione endemica.

Questa mostra è il risultato di un percorso lungo, talvolta difficile, ma di grande crescita per l’approccio sperimentale, dato dalle difficoltà incontrate per preservare la conservazione di un materiale così facilmente deperibile. Gli artisti sono stati liberi di interpretare il tema, ma la necessità di inserire “il pane vero” è stato un elemento fortemente condizionante, che ha suscitato grande preoccupazione. Un problema fondamentale è stato trattare ed essiccare il pane, fosse pangrattato, o un pezzo di pagnotta, o vari formati e tipologie di pani, strati di pane azzimo o carasau, in modo tale che non fosse attaccabile dalle muffe. Per questo, mi sono avvalsa della consulenza del biologo e chimico Dott. Francesco Consiglio, che ci ha fornito indicazioni su come operare, per preservare nel tempo le opere.
Il mio progetto è quello di realizzare una piccola collezione di opere che usino il pane come elemento costitutivo o solo parziale, come “presenza”, riferimento simbolico, microcosmo attivatore di riferimenti storici, testimoniali, emozionali, catalizzatore di ricordi e ricostruzioni di un mondo non più attivo, ma non per questo perduto.

Si tratta di una collezione unica nel suo genere, poiché non ci “parla” del pane nella sua accezione storica, economica, antropologica, bensì, con il medium artistico, fa riferimento a mondi plurimi simbolici, narrativi, evocativi e, soprattutto, ammonitivi. La sensibilità degli artisti ha potuto esprimere, in modo immediato ed efficace, tramite il linguaggio iconico, messaggi di diverso tipo, riferentisi all’ambiente, alla religione, alla spiritualità, alla sofferenza del lavoro, al valore del cibo e del nutrimento, al concetto di nutrimento dello spirito, per l’uomo odierno, affetto da una sorta di “anoressia spirituale”. Attraverso il linguaggio dell’arte gli artisti ci invitano a riflettere, sollecitandoci con la meraviglia, o lo spaesamento, o l’ostentazione di un realismo, che è sempre offerta di altro da sé.
La riflessione viene declinata nel recupero di dimensioni spaziali e temporali diverse da quelle del quotidiano, per percorsi di ricerca del sé in rapporto all’ambiente, alla società, allo spazio, come cittadini, come persone, come umani.
Questa collezione di opere di arte contemporanea, costituita dalle opere che gli artisti mi hanno donato e che intendo mettere a disposizione della città di Vicovaro, intende supportare il museo del pane, in progetto nella città, affinché possano fornire, del tema “pane”, un’interpretazione che vada oltre quella storica e antropologica, di tipo artistico, civile, politico, per lanciare ammonimenti, che aprano elementi di riflessione, tramite le meraviglie e l’empatia che da esse emana.
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