
Di Giorgio Moscatelli
Ti alzi per fare colazione, mentre il caffè esce sbuffando dalla macchina a pressione, fai qualche passo per arrivare al telecomando, accendi la televisione per le prime notizie della giornata, ancora un po’ addormentato guardi lo schermo mentre si illumina e subito appare una immagine che ti colpisce per la sua durezza: auto della polizia, automezzi dei Vigili del Fuoco, Carabinieri in mezzo alla carreggiata. L’asfalto e pieno di detriti, parti di automobile, effetti personali. Qualcuno, Srotola un metro a nastro per i rilievi del caso. A prima vista sembra di assistere ai soliti accertamenti di rito. Ti siedi, prendi la tazzina con il liquido nero fumante mentre continui a guardare lo schermo della Tv. il commentatore cerca di spiegare la dinamica dell’incidente: l’auto, una Fiat cinquecento, viaggiava a forte velocità quando, chi era alla guida, sembra abbia perso il controllo dell’auto. La vettura potrebbe aver colpito un albero, poi a cominciato a cappottare rotolando sulla carreggiata, finendo su un marciapiedi dalla parte opposta. Intanto continuano gli aggiornamenti: L’incidente è avvenuto tra le due e le tre della notte sulla via Nomentana, al centro della frazione di Tor Lupara. Quando senti nominare la tua città e riconosci i palazzi, le case intorno all’epicentro di quel terremoto la tua attenzione aumenta. A bordo c’erano sei tra ragazze e ragazzi. Tutti giovanissimi, alcuni minorenni. Cinque di loro hanno perso la vita e l’unico sopravvissuto sta lottando contro la morte nell’ospedale Sant’Andrea a Roma. Ti è passata la voglie di sorseggiare il tuo caffè e ti ritrovi a considerare il valore di una vita, poi realizzi che le vite sono 5. Pensi a quei giovani a bordo di una vettura che, in compagnia dell’incoscienza, sono andati incontro al destino. Pensi al futuro che avrebbero potuto avere, pensi alle loro famiglie e al dolore causato da questo incidente poi, con un immaginario salto, arrivi nell’ospedale dove è stato portato il sesto giovane ancora in vita. Li ci sono i suoi famigliari in lacrime. Stanno pregando quel Dio che, in genere, si cerca solo in questi momenti, in attesa di una notizia che gli renda il sorriso. Immagini di entrare nella sala operatoria e vedi i medici e le infermiere in azione per tentare di salvare quel ragazzo, almeno lui, sdraiato su quel duro lettino e legato ai tubicini che entrano o che escono dal suo corpo. In terra sangue, garze rosse di sangue, camici verdi rossi di sangue.
Poi torni sulla via Nomentana, il luogo dell’incidente e cominci razionalmente a cercare di capire se si potrebbe evitare; certo, come a volte cercano di fare le persone anziane che mettono un piede dietro l’altro nel tentativo di restare in piedi e di non cadere, ma inevitabilmente qualcuno cade. O come fanno le mamme che tengono strette le manine dei loro bimbi per evitare ogni pericolo. Certo che si potrebbe, ma qualche volta accade l’irreparabile, un qualcosa che non possiamo evitare. Non ci resta altro da fare se non stare vicini alle persone che soffrono per il loro dolore, a quelle mamme, a quei papà, a quei fratelli e sorelle colpite da questa immane tragedia che lascerà per sempre un segno nella loro vita.

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