
Aria decisamente nuova alla Città dei bambini di Mentana: nel mese di gennaio è partito per due classi quinte della scuola primaria un progetto di interscambio culturale con gli alunni di un istituto omologo inglese (nel dettaglio la Invicta Primary School di Deptford, Londra). Il tutto realizzato attraverso collegamenti da remoto con una nota piattaforma di videoconferenze.
Al primo incontro, meramente conoscitivo, nel corso del quale i bambini si sono reciprocamente presentati ponendo domande molto semplici, ne sono seguiti altri tre decisamente più articolati e mirati ad una conoscenza più approfondita della realtà anglosassone: gli scolari hanno così avuto modo di assumere preziose informazioni sul funzionamento della scuola inglese (materie studiate, durata del ciclo scolastico) e sul tempo libero dei loro coetanei (festività, sport praticati).
Infine il collegamento di maggio, l’ultimo: argomento di prammatica le vacanze estive. Dove le trascorrono di preferenza i coevi londinesi? Vanno al mare? Viaggiano anche al di fuori dell’Inghilterra?
L’iniziativa della Città dei bambini (il progetto è stato denominato “An English class in an English class”) si inserisce a pieno titolo in un programma più ampio di allargamento degli orizzonti socio-culturali e di arricchimento conoscitivo, collettivo ed individuale, delle scolaresche. A dimostrazione che il progresso tecnologico, quando correttamente utilizzato e non incanalato verso scopi meno nobili, può costituire un valido sostegno alla didattica. Né è da sottovalutare l’intento di condurre gli stessi alunni ad un utilizzo consapevole degli strumenti che l’epoca moderna mette a loro disposizione.
L’apprendimento tradizionale sui libri non è sostituibile in pianta stabile, ma sicuramente può essere coadiuvato dai moderni mezzi di comunicazione. Ogni essere umano ha bisogno di superare i confini del proprio fazzoletto di terra, soprattutto nell’età in cui sogni ed immaginazione hanno un ruolo preponderante. E allora ben vengano progetti come questo, che quei sogni e quell’immaginazione tentano di tradurre in qualcosa di più concreto e tangibile pur se nel caso specifico mediato. E che, da ultimo ma non per ultimo, consentono al bambino di conoscere un altro da sé che parla una lingua diversa dalla sua.

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