Daniele Mencarelli – Adelmo che voleva essere Settimo

“Quante mani possiede una madre quanti occhi, e cuori, nel suo sorriso abita l’amore e la sua voce è dolce canto che dà luce nel buio della notte.
Sovrana dolcezza ci conduci coi tuoi gesti rischiari l’avvenire, da te impariamo la bellezza di custodire il bene come oro, vera e unica ricchezza.
Madre che ridi al male perché pena sui nostri visi non debba mai passare.“
Il libro di Daniele Mencarelli – scrittore che apprezzo molto – “Adelmo che voleva essere Settimo”, è una storia fiabesca in stile medioevale (come si evince anche dalla copertina), di una famiglia con tutte le sue sfumature più comuni: legami, contrasti, perdono, conflitti, amore per la madre. Il protagonista è Adelmo, ultimo di sette figli che contrariamente alla tradizione di famiglia non si chiama Settimo. I suoi sei fratelli sono stati chiamati in ordine cronologico, da Primo a Sesto. La madre però voleva dare un altro destino a questo figlio e così decide di interrompere quella consuetudine familiare. E di questo Adelmo ne soffre, viene visto come un fratello “estraneo” alla famiglia, diverso in tutto.
Viene messo al margine dai suoi fratelli, nascono incomprensioni, solitudini, gelosie. È diverso dagli altri perché è l’unico ad andare a scuola e sarà l’unico figlio a rimanere al fianco di sua madre, mentre tutti gli altri erano partiti in cerca di fortuna in terre lontane. Quando quest’ultima, in fin di vita, gli chiede di esaudire il suo ultimo desiderio – quello di riunire tutti i suoi figli dispersi – Adelmo non indugia un istante: sale sul suo asino Santino, fissa le montagne lontane, supera il confine del suo regno e parte alla ricerca dei suoi fratelli percorrendo sentieri sconosciuti, superando sfide al limite della sopravvivenza. Grazie al suo coraggio e alla fiducia nel bene supererà schiavitù, atroci guerre, epidemie, pericolosi ubriaconi e fiumi governati da spiriti…
Sfida il probabile contagio di una malattia per poter riabbracciare il fratello malato:
«Lasciami! Se sapessi quello che le mie mani hanno fatto, quello che i miei occhi hanno visto, nemmeno mi toccheresti!» Adelmo a queste parole, per quanto gli fosse possibile, lo strinse ancora di più.
«Invece ti stringerei comunque, come sto facendo, perché sono tuo fratello, e un fratello deve perdonare, sempre, anche se stesso. Tutti meritano il perdono.»
Nel cuore il volto della madre e la promessa solenne di riportarle i suoi figli. In questo viaggio avrà modo di conquistare uno spazio nel cuore indurito e scettico dei fratelli. È una storia di perdono e di ricongiungimenti.
I gesti di un padre, come quelli di un fratello o di qualsiasi altro affetto, riescono a sopravvivere in quelli degli altri, se trasmessi con sentimento.
Mencarelli si confronta con un genere fantastico, lontano dagli altri libri finora pubblicati. È il suo esordio nella letteratura per ragazzi, il libro è godibile anche da un pubblico adulto. Non mancano i tratti caratteristici della sua scrittura, intensità, ritmo, emozione e il lettore viene messo davanti a tante domande che accompagnano l’esistenza di ognuno di noi.



