
Martedì 26 marzo, durante la settimana di co-gestione, Cristiano Capone ha avuto piacere di tenere un confronto con gli studenti del Liceo Scientifico Giuseppe Peano riguardo il misterioso e complesso mondo delle Intelligenze Artificiali.
Per entrare nell’argomento, il ricercatore, ha chiesto ai partecipanti che cosa fosse per loro l’IA: i ragazzi hanno provato a dare delle risposte, proponendo vari punti di vista interessanti. Capone ha poi affermato: “Non c’è una definizione vera e propria, probabilmente la stiamo ancora cercando”. Successivamente la conferenza ha preso una svolta più tecnica. Molti si chiedono cosa si celi dietro questo “mostro”. Capone ha spiegato il funzionamento dell’IA, partendo dalla tipologia più semplice chiamata “percettrone”: in questo caso, il programma parte da un “input” dal quale trae delle informazioni che costituiranno un “output”. Capone specifica: “La macchina non va programmata, impara sui dati”. Quest’ultima parte da un intervento umano, per poi diventare autonoma nel risultato: è il cosiddetto “machine learning”, un sottoinsieme dell’IA che ha il compito di “allenare” i computer a imparare dai “dataset” per migliorarne l’esperienza.

Tramite lo sviluppo di questi software, i ricercatori sono riusciti a simulare l’attività dei neuroni all’interno di un cervello umano. Capone fornisce quindi l’interessante esempio di una particolare IA capace di ricreare, con una certa precisione, l’immagine osservata da alcuni pazienti attraverso la sola analisi delle loro attività cerebrali. A questo punto si apre un dilemma filosofico: se noi sappiamo costruire un modello buono di cervello, è possibile formulare una coscienza? Per rispondere al quesito, bisogna accettare che la coscienza umana risieda nell’interazione tra i neuroni.

Ancora una volta, Cristiano Capone per spiegare concretamente il concetto, fornisce un esempio ai ragazzi: un uomo, alla vista di una luce, la percepisce e riesce a dare l’impulso al proprio corpo affinché riesca a premere un pulsante. Se, però, si potesse indurre l’attività precedentemente svolta ai neuroni, anche senza la vista della luce, l’uomo premerebbe comunque il pulsante ma non sarebbe cosciente. Tuttavia ciò genera molte contraddizioni, infatti lo stesso Capone dice: “Non abbiamo ancora una risposta propriamente esatta, è tutto da scoprire”.
L’IA è quindi uno strumento in mano all’uomo, in costante sviluppo e dunque considerata una scienza; in quanto tale può essere applicata in vari ambiti. Il ricercatore, in particolare, ha illustrato l’importanza dell’Intelligenza Artificiale in campo medico: questa può essere utile per esempio per trovare una cura per l’epilessia, una malattia neurologica che intacca il cervello compromettendo le attività motorie nel momento in cui si presentano le crisi.

In conclusione, Capone ha voluto lasciare spazio alle domande dei ragazzi i quali hanno sollevato questioni molto stimolanti. In sintesi, i dubbi degli studenti, riguardo queste macchine, si concentrano sulla possibilità dell’errore e sulla pericolosità che detengono. In primo luogo Capone chiarisce: “L’errore è alla base dell’apprendimento, viene volontariamente utilizzato per aggiustare le intelligenze e fare in modo che, in futuro, possano imparare ad adattarsi. E’ questo l’obiettivo che i ricercatori si stanno imponendo”. In secondo luogo egli osserva che: “È possibile che queste macchine possano nuocere, il punto è che devono essere gestite bene e sviluppate nel modo giusto. C’è speranza che nessuno le usi mai con scopi immorali, ma è comunque improbabile che prendano il sopravvento”. La conferenza si è conclusa all’insegna della speranza in un progresso che sia giusto e vantaggioso per l’umanità.
Articolo di Ilaria Lupi e Antonio Liguori. Le fotografie sono di Francesca Liguori


