Il Lazio è ufficialmente in “allarme rosso” per la siccità, secondo l’ultimo bollettino settimanale dell’Anbi, l’associazione dei consorzi di bacino, sulle risorse idriche italiane. La situazione nella provincia di Roma è particolarmente critica: il bilancio idrologico dell’anno in corso è il peggiore degli ultimi venticinque anni. Le riserve d’acqua lungo la dorsale appenninica, che alimentano gran parte della Capitale, sono fortemente sotto la media, con la portata del Peschiera inferiore a quelle registrate nelle recenti annate siccitose del decennio scorso.
Finora non è stato necessario intervenire sulla distribuzione dell’acqua, ma il rischio che il perdurare del clima arido possa avere ripercussioni sull’erogazione ad uso potabile non è più una mera ipotesi. “Dopo l’emergenza di pochi anni fa,” ricorda Massimo Gargano, direttore generale dell’Anbi, “Roma si è attrezzata per rispondere alle esigenze idriche umane, articolando le fonti di approvvigionamento. Ciò che è meno percepito, però, è che la Capitale sia il più grande comune agricolo d’Europa, con tutte le implicazioni anche irrigue che questo comporta per l’economia della città, senza considerare il rischio incendi in ambienti estremamente inariditi.”
Questa settimana, la regione Lazio ha registrato un ulteriore calo dei livelli del lago di Nemi (-4 cm) e delle portate dei fiumi Fiora e Velino. A Roma, il Tevere continua a mantenersi stabilmente sotto gli 80 metri cubi al secondo, rispetto a una media di oltre 130, favorendo l’intrusione salina alla foce, con il rischio di condizionare i prelievi irrigui in una zona a forte propensione agricola. Nella provincia di Frosinone, le precipitazioni medie dell’anno idrologico sono state inferiori persino al siccitosissimo 2017 durante i mesi di giugno, aprile, gennaio, ma anche ad ottobre e settembre 2023, portando quasi la metà delle principali fonti di approvvigionamento a una situazione di crisi idrica.



