Sulle tracce dei Santi Primo e Feliciano Martiri di Mentana

Articolo di Roberto Tomassini

Primo e Feliciano Martiri

Tra i nostri più famosi concittadini mentanesi, un posto del tutto singolare è occupato dai due Santi Primo e Feliciano, martirizzati nell’anfiteatro dell’antica Nomentum durante la persecuzione di Diocleziano del 303. 

Foglio di Calendario con una scena del martirio dei due santi

La fama di cui essi godono è dovuta principalmente al fatto che quelli di San Primo e di San Feliciano furono i primi corpi di martiri che verso la metà del VII secolo fecero ingresso dentro le mura di Roma, ingresso che fino a quel momento era stato proibito ai cadaveri. Questo eccezionale avvenimento fece in modo che la loro memoria penetrasse nelle diverse recensioni del Sacramentario gregoriano (il libro del celebrante, vescovo o presbitero, e contiene le formule per l’eucaristia e i sacramenti) e poi, per mezzo di questo, fosse annoverata nel Calendario generale dell’intera Chiesa latina che li festeggia il 9 giugno, data ormai concordemente accettata come quella del loro martirio (dies natalis)

La Passio, cioè il racconto del martirio dei due Santi Nomentani, ci è pervenuta in un testo datato tra il IV ed il V secolo, poi riportato negli “Acta Sanctorum”, ossia una raccolta critica di documenti e dati relativi ai Santi. Un testo troppo tardo per poterci fare dei sicuri affidamenti storici, tranne che per i riferimenti topografici che in genere sono molto esatti. 

Secondo questa Passio, Primo e Feliciano, liberati miracolosamente una prima volta dalle catene, furono nuovamente arrestati nelle campagne dell’Agro Nomentano, durante la persecuzione di Diocleziano e condotti ad un certo Promoto, preside di Nomento. Questi, dopo averli trattenuti per alcuni giorni in carcere situato vicino la piazza della città, compie la loro istruttoria nella piazza di Nomento, interrogandoli però separatamente l’uno dall’altro. Vista l’indomabile costanza dell’ottantenne Feliciano, il quale dichiara di essere cristiano da trent’anni e di non volere rinunciare a Cristo che lo ha associato al coro dei suoi Martiri, il preside lo fa legare mani e piedi ad una colonna lasciandolo digiuno per tre giorni. Stessa sorte tocca a Primo, il quale scopre l’inganno di Promoto che vuol fargli credere Feliciano aver apostatato e aver già posto in salvo la vita e dichiara che nulla potrà dividerlo dal suo amico (le fonti storiche non sembrano autorizzarci a prendere in considerazione una precedente tradizione che, invece, li vuole fratelli). 

Per ordine di Promoto sono esposti alle fiere dell’anfiteatro, ma siccome i mezzi violenti non facevano che aumentare il proselitismo cristiano, contrariamente all’ordine impartito furono decollati. 

I fedeli di Nomento ne raccolsero le spoglie «et portaverunt ea ad arcos nomentanos», forse una cava abbandonata, dove diedero loro sepoltura. Qui poiché si operavano frequenti prodigi e, molti fedeli si convertivano, aggirandosi al gregge del Signore, tornata la pace, vi fu eretta una basilica che al tempo degli atti citati, non solo era ancora in piedi, ma era tenuta in grande venerazione presso la popolazione di Nomento.  

Anche se non accettabili come sicure prove storiche, data la tarda stesura del racconto, è interessante notare che le testimonianze topografiche nella narrazione del martirio di san Primo e di san Feliciano sono esattamente riscontrabili sul territorio di Mentana, dove per altro è esistita una continuità storica, e quindi documentabile, del culto dei due Martiri Nomentani. 

Cripta del Romitorio (Mentana, Roma)- Foto: Archivio ANSA per gentile concessione

Tuttora sono tre i luoghi legati alle vicende del loro martirio. Il primo è rappresentato dal foro, dove si compie l’istruttoria, il secondo dal carcere della città situato nei pressi del foro stesso dove poi sorse la chiesa del Romitorio, anche ha dato nome alla località e di cui ancora oggi è possibile visitarne la cripta.  Il terzo è identificato all’interno di Parco Trentani, sempre lungo la via Nomentana, dove sorge l’ex mattatoio, oggi sede di un museo, e riguarda l’arenario dove vennero sepolti e dove in seguito sorse una basilica in loro onore. Questo sito è stato identificato solo recentemente, grazie agli studi di un’interessantissima fonte topografica della zona, costituita dalla carta dell’architetto F.  Pperelli, risalente al 1618, e nel giugno 2000 è stato oggetto di indagini archeologiche che ne hanno dimostrato la frequentazione tardo antica. 

Parco Trentani: zona dell’ex mattatoio

Le sacre spoglie rimasero intatte in questo luogo per oltre tre secoli fino a quando, al tempo dell’invasione del Ducato Romano da parte dei Longobardi, essendosi fatti mal sicuri i luoghi e pericolose le vie, papa Teodoro I (642-64) non ritenne opportuno traslare le due insigni reliquie dentro le fortificate mura di Roma, nella Basilica di Santo Stefano Rotondo sul Monte Celio.  

Come si è detto, erano i primi corpi di Martiri che varcavano il sacro limitare di Roma ed evidentemente non a caso, fu scelta la basilica dedicata a Stefano Protomartire che si preparava a riceverli con tutti gli onori. 

Roma. Basilica di S. Stefano Rotondo, abside della cappella di SS. Primo e Feliciano

Per l’occasione fu chiuso l’ingresso originario della basilica, risalente al V secolo, e dal vano così ottenuto fu ricavata una cappella sotto il cui altare furono deposti con l’iscrizione: CORPORA SS.MM. PRIMI ET FELICIANI.  

L’abside musiva di detta cappella raffigura Primo e Feliciano, semplicemente vestiti di clamide (mantello da viaggio) con in mano il rotolo delle scritture. Si vedono i due Martiri ai due lati di una grande croce che occupa la parte centrale della composizione. I loro nomi si leggono accanto alle figure U SCS PRIMVS, U SCS FELICIANVS.  

In seguito, però, nell’anno 846, il pontefice Sergio II concedeva gran parte di queste reliquie al nobile milanese Eremberto che, ci dicono le fonti, le trasferì in patria dove le ripose in una chiesa loro dedicata il Leggiuno, presso il Lago Maggiore, in provincia di Varese. Ma poi, anche altre città si diedero vanto di dichiararsi in possesso delle reliquie dei due Santi Martiri Nomentani. Infatti, la presenza del culto dei due Santi Martiri è documentata in varie località, soprattutto nel nord Italia, in cui si registrano chiese o cappelle costituite in onore dei due Martiri, più o meno suffragate dalla presenza di alcune loro reliquie. Tra queste meritano di essere ricordate la chiesa parrocchiale dei SS. Primo e Feliciano a Pavia che si affacci sull’omonima piazza e la chiesa sempre intitolata ai due Martiri, ad Acervia, località delle Marche in Diocesi di Senegalia, finemente affrescate, ed in altre località. Il dato più interssante e sorprendente che emerge da questa ricerca è che queste località, qui citate solo in parte, sono disposte lungo la Via Francigena, una via maestra percorsa in passato da migliaia di pellegrini in viaggio per Roma, particolare che attesta l’importanza che questi santi ebbero nell’epoca medievale.  

Spiegare la diffusione e l’importanza del culto dei Martiri nel Cristianesimo fin dalle sue origini, è certamente cosa ardua che esulerebbe da questa ricerca e dalla mia competenza, ma vorrei concludere citando le parole di Benedetto XVI, secondo il quale venerare i martiri di significa riconoscerli come “testimoni del grande ‘sì’ di Dio all’uomo” e allo stesso tempo come coloro che, nella loro massima fragilità umana, “hanno reso visibile il grande ‘sì’ della fede”.  

La vicenda umana e cristiana di san Primo e di san Feliciano, credo perciò sia utile per riscoprire l’attualità di questo straordinario patrimonio storico e spirituale della comunità di Mentana e alla Chiesa Sabina intera. 

Roberto Tomassini
Roberto Tomassini

Roberto Tomassini è un grande appassionato di storia e autore di libri sulla città di Mentana (RM)

Per saperne di più…. 

IL CICLO DEI MARTIRI  

di Franco Mieli (Autore) 

Leone, 2022 

Roma, 16 maggio 2019. Un giovane seminarista gesuita sta tornando al Collegio germanico ungarico dopo una cena con i suoi genitori. Ma non arriverà mai a destinazione. Il giorno dopo, il suo cadavere viene ritrovato in via San Nicola da Tolentino, insieme a una lastra di marmo con inciso un versetto della Bibbia. È solo il primo anello di una sanguinosa catena, le cui vittime sono tutte connesse al Collegio. Alessandro Di Bortolo, vicequestore della polizia, e Massimo Cerci, maggiore dei carabinieri, chiamati a indagare sul caso, presto scoprono che le scene del crimine riproducono il ciclo del Martirologio, realizzato dal pittore Pomarancio nel XVI secolo dentro la basilica di Santo Stefano Rotondo al Celio. Inizia così una disperata corsa contro il tempo, per smascherare l’assassino prima che mieta altre vite. Chi è? Perché è ossessionato dal Pomarancio? E qual è la ragione della sua vendetta sui gesuiti del Collegio? 

I SANTI MARTIRI NOMENTANI PRIMO E FELICIANO  

Roberto Tomassini – Antonio Alesiani (a cura di) 

Confraternita S.Antonio Abate, Mentana, 2008  

Pubblicazione che costituisce gli atti del convegno di studi tenutosi a Mentana il 16 giugno 2007 da relatori prestigiosi su un tema poco conosciuto in Sabina e per questo costituisce un significativo contributo storico-culturale. Questi i temi: “Gli atti dei Santi Primo e Feliciano nel loro inquadramento storico” (mons. Carmelo Cristiano), “I Santi Primo e Feliciano nell’ambito storico-religioso di Mentana” (dr. Roberto Tomassini), “La Diocesi Sabina: storia, cultura, territorio” (dr. Umberto Massimiani), “Santità e martorio: simbolo di fede e cultura nel XXI secolo” (cardinale Josè Saraiva Martins). 

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